L’ultima puntata sul Paese dei furbetti viene scritta nel comune di Messina. Questa volta al centro della solita storia all’italiana non ci sono i dipendenti della pubblica amministrazione, bensì dai consiglieri comunali. Quella messa in piedi da 12 consiglieri sarebbe, secondo gli inquirenti, una furbata bella e buona per lucrare sul gettone di presenza. Tanto che l’indagine è stata chiamata “Gettonopoli”. I dodici consiglieri sono stati sottoposti a misura cautelare con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Altri 11 risultano indagati. I reati contestati sono truffa aggravata, falso ideologico e abuso d’ufficio i reati contestati. Una truffa costata 900 mila euro l’anno. Non sono coinvolti consiglieri della Lista civica “Cambiamo Messina dal basso” del sindaco Renato Accorinti.
LA LUNGA INDAGINE – Intercettazioni video e ambientali sono il fulcro dell’indagine della Digos avviata nel novembre 2014. I consiglieri in occasione delle sedute delle commissioni consiliari permanenti percepivano illecitamente il gettone di presenza. Le commissioni consiliari permanenti sono dieci più la conferenza dei capigruppo e ogni consigliere è componente di almeno sei commissioni. Per ottenere il massimo dei rimborsi possibile i consiglieri avrebbero utilizzato vari trucchi per dimostrare che avevano partecipato a tutte le sedute. I consiglieri intervenivano nel corso della seduta solo per firmare e per ottenere il gettone.
IL MECCANISMO – Con l’elezione del nuovo consiglio comunale (2013) le indennità sono state abbassate da 100 a 56 euro con un’indennità mensile massima di 1.529 euro. Poi nel mese di dicembre l’indennità è stata aumentata a 2.184 euro. Per ottenere il massimo occorre raggiungere, però, la soglia minima di 39 presenze. Dalle indagini emerge che i consiglieri finiti tra gli indagati cercavano il modo di raggiungere il massimo ottenibile dai gettoni e che le firme poste nei registri servivano esclusivamente a questo fine. E non dovevano scomodarsi nemmeno più di tanto, perché da quanto emerge alcuni consiglieri comunali, previo accordo, firmavano in sostituzione di un consigliere dello stesso gruppo o del capogruppo, senza essere muniti di delega scritta da parte del delegante. A volte, invece, è stato dichiarato anche il falso: nei verbali veniva scritto che era stato raggiunto il numero legale quando, invece, non c’era. Insomma, con questo meccanismo, sono stati approvati i verbali in maniera illecita. L’UNICO FINE “Devo raggiungere le 40 presenze, perché io voglio il coso, l’indennità”, è quanto si ascolta in uno dei passaggi delle intercettazioni. O anche “Io voglio questa cazzo d’indennità, a me di fare le commissioni non me ne fotte niente”. Con un collega che risponde: “Non è la commissione perché nella commissione non fai un cazzo”.