Messina, i furbetti dei gettoni colpiscono in Comune. Consiglieri assenteisti ma pagati. Firme false per attestare la presenza in Commissione. Sono 23 gli indagati

L’ultima puntata sul Paese dei furbetti viene scritta nel comune di Messina. Questa volta al centro della solita storia all’italiana non ci sono i dipendenti della pubblica amministrazione, bensì dai consiglieri comunali. Quella messa in piedi da 12 consiglieri sarebbe, secondo gli inquirenti, una furbata bella e buona per lucrare sul gettone di presenza. Tanto che l’indagine è stata chiamata “Gettonopoli”. I dodici consiglieri sono stati sottoposti a misura cautelare con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Altri 11 risultano indagati. I reati contestati sono truffa aggravata, falso ideologico e abuso d’ufficio i reati contestati. Una truffa costata 900 mila euro l’anno. Non sono coinvolti consiglieri della Lista civica “Cambiamo Messina dal basso” del sindaco Renato Accorinti.

LA LUNGA INDAGINE – Intercettazioni video e ambientali sono il fulcro dell’indagine della Digos avviata nel novembre 2014. I consiglieri in occasione delle sedute delle commissioni consiliari permanenti percepivano illecitamente il gettone di presenza. Le commissioni consiliari permanenti sono dieci più la conferenza dei capigruppo e ogni consigliere è componente di almeno sei commissioni. Per ottenere il massimo dei rimborsi possibile i consiglieri avrebbero utilizzato vari trucchi per dimostrare che avevano partecipato a tutte le sedute. I consiglieri intervenivano nel corso della seduta solo per firmare e per ottenere il gettone.

IL MECCANISMO – Con l’elezione del nuovo consiglio comunale (2013) le indennità sono state abbassate da 100 a 56 euro con un’indennità mensile massima di 1.529 euro. Poi nel mese di dicembre l’indennità è stata aumentata a 2.184 euro. Per ottenere il massimo occorre raggiungere, però, la soglia minima di 39 presenze. Dalle indagini emerge che i consiglieri finiti tra gli indagati cercavano il modo di raggiungere il massimo ottenibile dai gettoni e che le firme poste nei registri servivano esclusivamente a questo fine. E non dovevano scomodarsi nemmeno più di tanto, perché da quanto emerge alcuni consiglieri comunali, previo accordo, firmavano in sostituzione di un consigliere dello stesso gruppo o del capogruppo, senza essere muniti di delega scritta da parte del delegante. A volte, invece, è stato dichiarato anche il falso: nei verbali veniva scritto che era stato raggiunto il numero legale quando, invece, non c’era. Insomma, con questo meccanismo, sono stati approvati i verbali in maniera illecita. L’UNICO FINE “Devo raggiungere le 40 presenze, perché io voglio il coso, l’indennità”, è quanto si ascolta in uno dei passaggi delle intercettazioni. O anche “Io voglio questa cazzo d’indennità, a me di fare le commissioni non me ne fotte niente”. Con un collega che risponde: “Non è la commissione perché nella commissione non fai un cazzo”.