Migranti, ecco come viene regolato il flusso in Italia. Dal rilascio dei permessi all’assegnazione nei Cara o nei Cie: tutte le regole attualmente in vigore

Ecco le regole che regolano l'accoglienza dei migranti e che Salvini e Di Maio vogliono cambiare

Con le attuali regole possono chiedere la protezione dallo Stato italiano gli stranieri che fuggono da persecuzioni, torture o dalla guerra, anche se hanno fatto ingresso in Italia in modo irregolare e sono privi di documenti.

Chi sono i rifugiati – Lo status di rifugiato è riconosciuto in presenza di atti di persecuzione e permette il rilascio di un permesso di soggiorno per asilo politico della durata di 5 anni;  il rilascio del titolo di viaggio per rifugiati per potersi recare all’estero; il rilascio del tesserino di rifugiato che consente ulteriori rinnovi e pratiche; di fare richiesta di cittadinanza per naturalizzazione dopo soli 5 anni; di ricongiungere la propria famiglia, o effettuare una coesione, ma senza dimostrare alloggio e reddito, e con facilitazioni per quanto riguarda i documenti attestanti il legame familiare;  accesso all’occupazione; accesso all’istruzione; assistenza sanitaria e sociale (invalidità civile, assegno di accompagnamento, assegno di maternità) a parità coi cittadini italiani. La protezione sussidiaria, invece, viene riconosciuta quando essite un danno grave ai danni della persona

 

Dagli hotspot allo SPRAR – Il sistema di accoglienza in Italia opera su due livelli: prima accoglienza, che comprende gli hotspot e i centri di prima accoglienza, e seconda accoglienza, il cosiddetto SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Gli hotspot sono centri dove vengono raccolti i migranti al momento del loro arrivo in Italia. Qui ricevono le prime cure mediche, vengono sottoposti a screening sanitario, vengono identificati e fotosegnalati e possono richiedere la protezione internazionale (di fatto la grande maggioranza dei migranti che arrivano via mare lo fa). Ad oggi gli hotspot sono quattro: Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto. Dopo una prima valutazione, i migranti che fanno domanda di asilo vengono trasferiti (in teoria entro 48 ore) nei centri di prima accoglienza (noti anche come hub regionali), dove vengono trattenuti il tempo necessario per individuare una soluzione nella seconda accoglienza. La prima accoglienza dovrebbe servire a garantire ai migranti primo soccorso, a procedere con la loro identificazione, ad avviare le procedure per la domanda di asilo. Dovrebbero essere procedure veloci, per poi assegnare i richiedenti asilo ai progetti SPRAR, ossia alla seconda accoglienza. La norma prevede per queste procedure poco più di un mese (dall’accoglienza alla concessione dell’asilo). In realtà, ci impieghiamo in media un anno. Questo perché il sistema dello Sprar per funzionare bene ha bisogno dell’adesione dei comuni per gestire un progetto di accoglienza sul proprio territorio. Che spesso latita. Così, il sistema non può funzionare. Troppe domande, troppi pochi posti: così si crea una situazione d’emergenza. C’è bisogno di una soluzione rapida che viene individuata nei cosiddetti CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), un ibrido che formalmente rientra nella prima accoglienza a cui si accede spesso direttamente dai porti di sbarco, ma praticamente dà ormai un’accoglienza di lungo periodo come accade nella seconda accoglienza.
Attualmente sono circa 170mila i migranti ospitati nel sistema, che si fonda su piccoli numeri diffusi capillarmente sul territorio evitando concentrazioni massicce di migranti in grossi centri. Il programma prevede la creazione di un Centro dipermanenza per il rimpatrio in ogni regione. Cosa peraltro contenuta nel decreto Minniti dello scorso anno: ma solo 5 sono attivi, per poche centinaia di posti rispetto ai 1.600 previsti.
Tra le regioni è la Lombardia ad ospitare il maggior numero di stranieri (24.333, pari al 15% del totale); seguono Campania (15.011), Sicilia (14.690), Lazio (14.335) e Piemonte (12.590). Gli sbarchi nei primi cinque mesi dell’anno sono arrivati a quota 13.430, il 78% in meno dello stesso periodo del 2017. I tunisini (2.734) sono in testa tra le nazionalità dei migranti giunti via mare nel 2018, seguiti dagli eritrei (2.211) e dai nigeriani (916). I minori non accompagnati sbarcati sono 1.749.

Chi resta fuori – Se lo straniero è considerato un pericolo per la sicurezza e l’ordine dello Stato la sua domanda non sarà riconosciuta, ma dovrà comunque essere esaminata. Ma anche se lo straniero è già stato riconosciuto rifugiato in un altro paese firmatario della convenzione di Ginevra o ha reiterato la medesima domanda dopo aver ottenuto un diniego, la domanda sarà dichiarata inammissibile dalla Commissione territoriale competente ma deve comunque essere ricevuta dalla Questura. La domanda può essere, inoltre, rigettata per manifesta infondatezza quando risulta la palese insussistenza dei presupposti previsti dal decreto sulle qualifiche, o quando risulta che la domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento.