Miguel Gotor critica il suo segretario Pd

di Vittorio Pezzuto

La costituzione di parte civile di Palazzo Madama al processo De Gregorio non condizionerà in alcun modo il processo di riforme stabilito anche con Forza Italia. Ne è convinto il senatore bersaniano Miguel Gotor, che spiega come Grasso si sia «comportato da vero presidente dell’assemblea, interpretando un dovere civile di rappresentanza. Quella del Consiglio di presidenza era un semplice parere espresso dai partiti. In quanto primus inter pares prima li ha ascoltati ma poi ha deciso in autonomia e nel pieno della sua autorevolezza. D’altronde il processo riguarda un’ipotesi gravissima, quella di un vero bunga bunga con le Istituzioni. Capisco che l’azione di Berlusconi ci abbia abituati a relativizzare l’etica pubblica, però credo che sia importante porre finalmente un limite a questa tendenza. Sono convinto che tanto tempo fa lui sia entrato in campo scommettendo sulla dequalificazione della politica e che ora ne stia uscendo puntando al medesimo obiettivo. È un circuito che si autoalimenta: dopo di lui non deve più esserci il diluvio ma solo la palude…».
Sta parlando del vostro principale socio nella riforma elettorale…
«Rispetto il metodo seguito dal nostro segretario ma non lo condivido. Personalmente avrei preferito che la proposta di partenza della nuova legge elettorale fosse nata all’interno della maggioranza di governo. Invece ci siamo messi nelle braccia di Berlusconi e Renzi gli ha restituito d’incanto il ruolo di mazziere delle carte del gioco, per di più cedendo nella contrattazione su troppi punti».
Quali?
«Intanto sul tema della soglia del 35% per il premio di maggioranza, che per fortuna è stata poi innalzata di due punti. Prevederla così bassa è stata una mossa avventata, se non altro perché la destra dispone dal 1994 di una capacità di far coalizione ben superiore alla nostra. Non a caso gli ultimi sondaggi prevedono che nel suo insieme sfiori il 40% mentre il centrosinistra resta bloccato intorno al 30%. Parliamoci chiaro: in questo momento esiste soltanto il Pd, con una spolverata a sinistra (Vendola) e una al centro (i residui riformisti di Scelta Civica)».
E l’altro errore?
«Accettare le liste bloccate e quindi l’aspetto più sbagliato del Porcellum, quello che ha contribuito a rompere il rapporto tra politica e società, deresponsabilizzando tanto i cittadini quanto i loro rappresentanti. Le liste bloccate corrispondono a un’idea di partito padronale che appartiene a Verdini e alla destra, non a una forza plurale e radicata sul territorio come la nostra. Più che a Berlusconi, lo giudico un cedimento al berlusconismo come cultura politica».
Fino a che punto la minoranza del partito, di cui fa parte, è disposta a spingersi per contrastare queste norme?
«Non credo che vi saranno imboscate nel voto segreto. Sarebbe un grave errore politico. Confido però che ci siano tutti i margini per un miglioramento del testo da parte di entrambe le Camere. L’alternativa alle liste bloccate sono l’introduzione delle preferenze, le primarie per legge o i collegi uninominali. Questi ultimi sarebbero la migliore soluzione. Le preferenze sono spesso sinonimo di infiltrazioni malavitose nel voto e di aumento dei costi della politica. E questi rischi non verrebbero certo scongiurati con le primarie per legge. Anzi, li si trasmetterebbe tout court a livello di gazebo…».
Il pacchetto concordato riguarda anche le riforme costituzionali.
«Esatto, e sono preoccupato»
Perché?
«Si tratta di riforme che per loro natura necessitano di una stabilità di governo di medio periodo. Non si possono evocare solo a fini propagandistici ed elettorali con la riserva mentale che tanto dopo l’approvazione dell’Italicum si andrà subito al voto. Altrimenti non solo stiamo perdendo tempo prezioso ma rischiamo di mettere in forse la stessa approvazione della riforma elettorale. Sarebbe un atteggiamento irresponsabile e gli italiani ci punirebbero. Di troppa furbizia si muore…».
Si riferisce al Pd e al suo segretario?
«Senta, è davvero contro natura che il partito di maggioranza relativa faccia propaganda quotidiana contro il governo e lo metta ogni giorno ai voti invece di aiutarlo a fare meglio. Letta e Renzi devono procedere in tandem, pedalare insieme nella stessa direzione nell’interesse del Pd e del Paese».