Milano frena la trasparenza. Il Palazzo difende i suoi segreti

di Alessandro Barcella

Il Comune di Milano ha paura del “whistleblowing”? Con l’espressione inglese, letteralmente “soffiando nel fischietto”, si intende uno strumento di segnalazioni anonime su episodi di “malaffare” interni agli uffici, anche nel pubblico impiego. David Gentili, consigliere comunale Pd e presidente della Commmissione consiliare antimafia, ne è tra i principali sostenitori: “Pur rischiando personalmente atti di ritorsione a causa della segnalazione, il whistleblower svolge un ruolo di interesse pubblico dando all’ente la possibilità di conoscere tempestivamente un problema ed esponendo possibili pericoli” Una novità assoluta per il nostro Paese, che potrebbe essere valido strumento per prevenire reati quali corruzione e concussione, peculato o irregolarità nei procedimenti.

Una “soffiata” sgradita
“Transparency Italia”, sezione locale dell’associazione internazionale attiva contro la corruzione, da tempo sponsorizza il “whistleblowing”: “Questo istituto, già vigente in altri Paesi (Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Sudafrica, Giappone e Corea) garantisce vantaggi alla collettività– spiegano -. I lavoratori ottengono una protezione contro sanzioni che possono subire a seguito delle loro segnalazioni. Le aziende, venendo a conoscenza di negligenze o reati commessi al loro interno, hanno la possibilità di intervenire tempestivamente ed evitare danni, sia di immagine che economici”.
Mettere in pratica il principio, però, sembra tutto un altro paio di maniche. David Gentili ricostruisce la vicenda milanese, a partire dalla prima “bocciatura” bypartizan del progetto: “La mozione che ho fortemente voluto, redatto e presentato era sostenuta da tutti i gruppi consiliari. Alcuni consiglieri (Lepore e Moioli) avevano suggerito correzioni migliorative. La mozione ha avuto almeno tre passaggi in Commissione Antimafia, due dei quali con i rappresentanti di Transparency. In aula si è materializzata la perplessità di molti altri consiglieri che non avevano sollevato dubbi in precedenza: si è ritenuto opportuno ritirarla, ridiscuterla e ripresentarla, laddove si fossero superate le criticità”.
Tra queste, il rischio di ingolfamento del sistema a seguito di una gran mole di segnalazioni e la possibilità di lasciar spazio a rancori e gelosie.

Un nuovo rinvio
La mozione viene allora ripresentata nella seduta di Consiglio del 16 maggio: sembra sia la volta buona ma, proprio al momento di discuterla, il capogruppo Pd chiede la fine dei lavori. Trentun voti a favore e tutti a casa: se ne riparla lunedì 20. E mentre Gentili parla di un suo personale errore nella raccolta delle firme necessarie, sottolineando che non si tratta di mancanza di volontà politica, il grillino Calise affonda il colpo: “E’ chiaro che se non si vuole farla funzionare non lo si fa, anche una volta approvata. Una commissione di controllo seria deve essere pronta ad accettare segnalazioni anche su dirigenti o membri della Giunta: non so se si doteranno di uno strumento che possa metterli in croce da soli”.

La solita Italia
L’articolo 33 della Convenzione dell’Onu contro la corruzione sancisce da tempo il principio che il dipendente pubblico e privato abbia “il diritto di segnalare, se in buona fede e sulla base di ragionevoli motivazioni, irregolarità o illegalità (ovvero rischi di queste condotte) di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro”. Peccato che la norma, ratificata nel 2009, non sia ancora stata recepita dall’Italia. Resta allora l’articolo 1 comma 51 della Legge 190 del 6 novembre 2012, che stabilisce come “il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro non possa essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria”.
Un passo importante ma non sufficiente, perché non va a toccare la questione dell’istituzione di un archivio ufficiale delle “soffiate”.
Tra i nodi irrisolti, il rischio di “ritorsione” da parte dei dirigenti e la garanzia di un sistema informativo a prova di hacker. A pensar male, intanto, si potrebbe dire che il Palazzo tiri un sospiro di sollievo.

@a_barcella