Non c’è più Renzi a salvarlo, ora Mazzoncini traballa in Ferrovie. L’Ad rinviato a giudizio per truffa a Perugia. Per lo statuto della Spa rischia la decadenza

Renato Mazzoncini, uno dei superstiti renziani nelle partecipate statali, rischia di pagare un conto salato. Scopriamo per quale motivo rischia di cadere

La storia risale a qualche anno fa. Ma adesso Renato Mazzoncini, uno dei superstiti renziani nelle partecipate statali, rischia di pagare un conto molto salato. L’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, che l’anno scorso si era fatto rinnovare in fretta e furia, complice la discussa fusione con l’Anas, è stato rinviato a giudizio per truffa dal gup di Perugia per la vicenda Umbria Mobilità. Quest’ultima è una società mista a cui all’epoca dettero vita Busitalia, controllata delle Fs e amministrata dal manager poi diventato renziano, e la società umbra del trasporto regionale pubblico. Mazzoncini, con altri manager e dirigenti regionali, è accusato di avere alterato i dati di traffico di Umbria mobilità, da inviare all’Osservatorio ad hoc istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di ottenere contributi dalla Regione Umbria. Contributi che, secondo le stime della procura, si aggirano intorno a i 6 milioni di euro.

Il dettaglio – La conseguenze più dirompente per Mazzoncini, al di là del seguito giudiziario della vicenda, è contenuta in un passaggio dello statuto delle Fs. In esso, in pratica, si dice che se l’Ad viene rinviato a giudizio deve darne immediata comunicazione all’organo di amministrazione. E, a determinate condizioni, questo può comportare la decadenza dello stesso amministratore delegato. Mazzoncini, ieri, dal canto suo ha professato la più totale estraneità ai fatti contestati dalla procura, ricordando che parltro lui all’epoca non aveva nessun ruolo gestionale in Umbria Mobilità. Ma il gup di Perugia ha comunque dato credito alla ricostruzione dei pm, decidendo alla fine per il rinvio a giudizio del manager. Di sicuro non è un momento facile per l’amministratore delegato del colosso italiano dei trasporti. E’ appena il caso di ricordare che, pochi giorni fa, il nuovo ministro dei trasporti, il grillino Danilo Toninelli, aveva espresso giudizi piuttosto critici sull’opportuinità della fusione tra Fs e Anas. Per carità, il processo è ormai ampiamento in corso, per non dire archiviato. E sarà difficile invertire la rotta. Ma le ombre allungate da Toninelli sul matrimonio sono state lette anche come un segnale di mancato gradimento nei confronti dell’attuale vertice delle Ferrovie.

Il precedente – Un vertice la cui nomina, va ancora ricordato, risale al periodo in cui sulla tolda di comando di palazzo Chigi siedeva Matteo Renzi. E’ appena il caso di ricordare che, nel 2012, lo stesso Mazzoncini condusse in porto un’operazione molto apprezzata da Renzi. Da amministratore delegato di Busitalia, controllata dalle Fs, rilevò per 18 milioni di euro una bella fetta dell’Ataf, l’allora disastrata azienda dei trasporti del comune di Firenze guidato proprio Renzi. Dopo quella operazione Mazzoncini è diventato prima presidente della stessa Ataf e poi nientemeno che capo delle Ferrovie dello Stato, nominato dall’Esecutivo guidato dall’ex sindaco di Firenze.  Stavolta, però, non c’è l’ex Rottamatore a proteggerlo dalla disavventura.