Non chiamiamola integrazione. Qui è deportazione di massa. Il filosofo Fusaro sull’arresto del sindaco di Riace, simbolo dell’accoglienza: “La legge può essere ingiusta. Ma il tifo da stadio non aiuta”

"Se le norme sono considerate sbagliate ci si può ribellare ma è meglio provare a cambiarle". Questa le tesi del filosofo Diego Fusaro

Al di là degli sviluppi dell’inchiesta che vedono coinvolto il sindaco di Riace Domenico Lucano e, di conseguenza, tutto il sistema d’accoglienza messo a punto da Mimì Capatosta, quanto accaduto ieri apre un dilemma che trascende i confini politici e si pone su un piano più alto, a metà strada tra etica e filosofica, in un terreno di scontro-confronto prettamente filosofico: è giusto infrangere una legge quando si ritiene che questa sia eticamente scorretta? Le posizioni in campo, d’altronde, sono tante e diverse. Da John Locke, il padre del liberalismo, che riconosce il diritto alla ribellione qualora lo Stato venga meno ai canoni del “contratto” stipulato con i cittadini, fino a Baruch de Spinoza, secondo cui, invece, in uno stato di diritto non si può disobbedire alla legge, ma impegnarsi per modificarla. Fino ad allora però, dice il filosofo autore del Deus sive Natura, si è obbligati a rispettare quella norma. Ne abbiamo parlato con il filosofo Diego Fusaro.

Lei che idea si è fatto?
“Quello tra etica e politica è un dilemma etico hegeliano, che ben si esprime nella vicenda di Antigone. Nella filosofia politica il diritto fa valere in forma di legge ciò che ha una sua validità, una sua efficacia, una sua giustezza. Nulla vieta, tuttavia, che si possa presentare il caso di un diritto che è valido ed efficace, ma non giusto”.

È esattamente, stando a quanto emerso sinora, ciò che è accaduto a Riace. Secondo lei che rapporto dovrebbe esserci tra diritto ed etica su una partita così delicata com’è quella migratoria?
“Non conosco nello specifico la realtà di Riace e credo sia giusto aspettare gli sviluppi dell’indagine. Sicuramente, però, possiamo dire che da questo punto di vista c’è qualcosa che non funziona nel modello generale dell’immigrazione di massa. Io non punto il dito contro nessuno; mi limito però a dire che l’immigrazione di massa così com’è non è l’ottava meraviglia del mondo”.

Un punto, questo, su cui batte da anni. L’arresto di ieri crede avvalori la sua tesi o meno?
“Ho avuto conferma di quel che già pensavo. L’immigrazione di massa è uno strumento nelle mani delle classe dominanti capitalistiche che chiamano con la neo-lingua “accoglienza” o “integrazione” quella che è una deportazione di esseri umani dall’Africa che vengono sfruttati totalmente qui da noi e servono ad abbassare la forza-lavoro in generale. In pratica, un’arma nelle mani della classe capitalistica”.

Resta, però, l’azione illecita, secondo l’accusa, del sindaco Lucano. Nel momento in cui c’è un “bene” superiore al diritto, cosa dovrebbe fare un rappresentante delle istituzioni?
“Nell’ambito della filosofia politica, è lecito ribellarsi ad una legge che, come detto prima, potrebbe non essere giusta. Io credo che una legge sbagliata debba essere modificata e, ancora prima, infranta. Le norme che prescrivessero di uccidere, avrebbero tutto il diritto di essere infrante. Il diritto da seguire, in questo caso, non è quello della legge, ma del giusto secondo ragione”.

Com’era inevitabile, in Italia si sono creati due schieramenti. Non pensa che il tifo da stadio, anche di personaggi di spicco (da una parte Saviano, dall’altra Salvini) sia pericoloso?
“Sì, naturalmente come sempre avviene si cade nel tifo da stadio che ha come unico obiettivo quello di non far capire nulla di quel che sta succedendo e dividere secondo sentimenti e passioni. È pericoloso già solo perché non aiuta a una vera comprensione razionale di ciò che accade”.

Come bisognerebbe porsi?
“Si debba partire dal ragionamento e non dalle passioni, dal lògon dìdonai dei greci, dal rendere ragione di ciò che avviene”.