L’apertura tedesca ai migranti. Ecco perché non credere alla bontà della Merkel

Possiamo parlare in maniera sgradevolmente utilitaristica per un momento? Molti si sono sorpresi per l’improvvisa decisione della Germania di assorbire un bel numero di rifugiati siriani, supponendo forse che quel Paese avesse rivelato un insospettato lato sentimental-umanitario. Non è detto che le cose stiano esattamente così. Se la scelta della politica da adottare nei confronti dei nuovi profughi si riduce in ultima analisi a quella tra mitragliarli ai confini o nell’acqua, oppure di accettarli, allora la strada futura è già in qualche modo obbligata. La Germania si è piegata all’inevitabile e ha fatto una scelta ottimale tra alternative poco attraenti. L’Italia non ha una grande esperienza moderna nell’assorbimento degli immigrati e non distingue tra le tipologie: vede solo una massa indiscriminata di stranieri straccioni che premono sui confini. Il fatto è, per l’esperienza dei paesi più “rodati” in materia, i siriani presi nell’insieme risultano integrabili e utili. La loro società, malgrado la guerra civile e i tremendi titoli sui giornali, è più avanzata e sviluppata di quelle dell’Africa sub-sahariana. Negli Stati Uniti – che sono parecchio avvezzi all’immigrazione – i figli di immigrati siriani che hanno “fatto strada” negli ultimi tempi comprendono il fondatore dell’Apple, Steve Jobs, il comico Jerry Seinfeld, la cantante Paula Abdul, l’attore Premio Oscar Murray Abraham e una sfilza di medici e scienziati. In altre parole, se devi per forza accettare un gran numero di rifugiati, allora prendili buoni – e la Germania, per quando verrà il momento di distribuire i profughi relativamente meno “pregiati” che arrivano in Italia attraverso la Libia, avrà “già dato”. Certo è disdicevole considerare le cose in questi termini, ma è il modo di ragionare, a volte terribilmente concreto, delle cancellerie più avvedute.