Non solo Amatrice. Patrimonio culturale dei piccoli centri lasciato senza fondi dal Governo

Non c’è solo Amatrice. Sono tante le città che necessitano di interventi per curare il proprio patrimonio culturale. Ma il Governo lascia tutti senza fondi.

Non c’è solo Amatrice a contare i danni del terremoto. Sono tante altre le città che hanno bisogno di interventi per mettere a posto il patrimonio artistico e culturale. E di conseguenza sono necessari investimenti pubblici: senza un piano dettagliato, infatti, il pericolo è la perdita di tesori inestimabili, che ora sarebbero salvabili con una spesa sopportabile. La violenta scossa del 24 agosto ha creato problemi alle strutture storiche di molti borghi, come chiese, ville antiche e musei. Pure a Norcia, altro Comune vicinissimo all’epicentro del sisma, c’è la necessità di garantire la tenuta degli edifici che rappresentano una fonte di ricchezza per i residenti. L’economia locale si basa sui visitatori delle bellezze cittadine: migliaia di persone affluiscono proprio per le tipicità della zona.

PATRIMONI – Così, a distanza da un mese dal terremoto, è partita la richiesta di una progettazione anche dalla maggioranza. “Occorre stabilire delle priorità a media scadenza. È bene riuscire ad andare oltre la semplice emergenza, magari cogliendo il frutto delle esperienze precedenti maturate all’Aquila e in Emilia”, ha spiegato a La Notizia la deputata del Partito democratico, Raffaella Mariani. La parlamentare ha perciò presentato un’interrogazione alla Camera per sollecitare l’intervento del ministero dei Beni culturali, Dario Franceschini. Certo, in cima all’agenda della ricostruzione c’è la demolizione degli edifici resi totalmente inagibili e la messa in sicurezza di quelli salvabili per tamponare i problemi nell’immediato. Ma senza una visione ad ampio raggio c’è quasi la certezza di perdere per sempre alcuni patrimoni culturali che caratterizzano i comuni appenninici.

SGRAVI – La proposta è quella di stipulare appositi mutui per affrontare, con spese a carico dello Stato, la messa in sicurezza, il restauro e la conservazione dei beni culturali. Ma non solo. L’ipotesi prevede anche un meccanismo di sgravi e detrazioni. L’intenzione sarebbe di coinvolgere nei finanziamenti quei beni culturali, anche privati purché siano di interesse comune, come le chiese. La questione è già regolamentata dal codice del paesaggio. Solo che bisogna reperire i fondi. “Pensiamo che sia possibile – ragiona Mariani – l’uso di risorse per l’operazione-bellezza, annunciata dal Governo. Serve insomma un progetto per creare un sistema anche per il futuro. Penso alla possibilità di stipulare delle convenzioni, che coinvolgano i Comuni e quando serve la Cei, per risistemare le strutture danneggiate”.

ASCOLTO – Il ministro Franceschini, in via informale, ha riferito di essere pronto a dare una mano per le ricostruzioni oltre le strette emergenze. La ragione di questo impegno è anche economica. I terremoti dell’Aquila e dell’Emilia hanno dimostrato la presenza di un patrimonio culturale immenso. “Le chiese non sono solo un luogo culto, ma hanno al loro interno delle eccellenze architettoniche e artistiche. Tutto ciò mentre i piccoli borghi hanno una maggiore richiesta da parte dei turisti, che preferiscono dimensioni a misura d’uomo rispetto alle città, che offrono tanto, ma sono più difficili da fruire”, prosegue la deputata del Pd. E dunque la chiusura di piccole chiese e musei rappresenta un danno al sistema economico. Favorendo così la desertificazione delle piccole comunità.

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