Oggi Fico va da Mattarella ma prima rivede Pd e M5s. I renziani non ci stanno e scaricano Martina: “Non è una figura super partes”

Un secondo giro di consultazioni con Pd e M5s. Prima di riferire al capo dello Stato, Sergio Mattarella, il presidente della Camera, Roberto Fico, vedrà nuovamente le delegazioni delle due forze politiche: alle 11 i dem, capeggiati dal segretario reggente Maurizio Martina, due ore dopo sarà la volta dei grillini di Luigi Di Maio. Non è escluso che i Cinque Stelle possano chiedere al presidente della Repubblica di allungare il mandato esplorativo affidato a Fico per permettere al Pd di affrontare tutti i passaggi interni che consentano di arrivare a una decisione. Tempo che – a loro volta – i grillini potrebbero utilizzare per una sorta di sondaggio lampo tra gli elettori che consenta di valutare l’indice di gradimento di un accordo di Governo con gli ex avversari.

Ma nel partito del Nazareno le posizioni tra dialoganti e oltranzisti nei confronti del Movimento fanno pensare che alla fine, anche stavolta, non si caverà un ragno dal buco. A cominciare ovviamente da Matteo Renzi, che è per il ‘no’ su tutta la linea.

Due giorni fa proprio a La Notizia il fedelissimo dell’ex premier-segretario, Michele Anzaldi, aveva definito l’apertura di Martina “un capolavoro di tafazzismo e una strategia di comunicazione suicida”. Meglio: “Abbiamo una parte del Pd che si offre ai Cinque Stelle smentendo tutto quello che abbiamo detto fino ad oggi. Incomprensibile”. E anche il ministro dello Sviluppo economico uscente, Carlo Calenda, dopo aver minacciato ieri di restituire la tessera in caso di un accordo coi pentastellati, ribadisce: “Se il Pd dovesse fare un’alleanza con il M5s farebbe non male, malissimo. Parlare è l’essenza della politica per capire le posizioni – ha spiegato Calenda a Circo Massimo su Radio Capital – ma se il Pd dovesse fare un’alleanza con il M5s io me ne vado dal Pd, perché il Pd cessa di esistere come un movimento politico, un partito che ha un’idea della realtà che è opposta a quella del M5s. Tra il Pd e il M5s c’è una distanza siderale”.

Tra i contrari all’accordo anche Sandro Gozi. “Io sono per rispondere no all’offerta di Di Maio – ha detto al Corriere della Sera –. Governare vuol dire risolvere gli imprevisti che si palesano sul tuo cammino quando meno te l’aspetti. Se ci fosse una crisi europea, di quelle che ora non si possono mettere in conto, che cosa facciamo? Chiediamo aiuto alla piattaforma Rousseau? Suvvia, non si può fare”. Ma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei uscente non ha risparmiato una stoccata a Martina: “Ha accelerato troppo. Ha fatto una fuga in avanti, si è sbilanciato. Proprio per questo è necessaria una verifica in Direzione nazionale che faccia chiarezza, una volta per tutte, sulla posizione ufficiale del Partito democratico”. Insomma, il segretario reggente “non è stato garante della posizione di tutti proprio perché, e lo si è capito molto bene dalla sua dichiarazione all’uscita dall’incontro con Roberto Fico, ha preso una posizione netta a favore del possibile accordo con i Cinque Stelle. Non è stato una figura super partes ma ha preso una strada ben precisa, diventando una delle parti in causa – ha concluso Gozi –. Insieme a molti dei ministri uscenti” (chiaro il riferimento a Dario Franceschini).

“Prima vengono gli interessi del Paese, poi quelli del Pd”, la mette giù l’ex presidente della commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, parlando con Repubblica. Perciò “penso che occorra valutare se un accordo con i 5Stelle sia possibile. Ma attenzione, non è che si vanno a vedere le carte in nome di un nobile motivo e poi lo si trasforma in un accordo di potere, sulle poltrone, sul numero dei ministeri, su chi va a Palazzo Chigi e chi no”. E ancora: “Non mi sono mai augurata un Governo tra 5Stelle e Lega, che considero uno scenario preoccupante per l’Italia. Ma quella prospettiva, che sembra ora fallita, inchioda il Pd alle sue responsabilità”.