Operazione debiti di Stato

di Stefano Sansonetti

Apparentemente sono tutti contenti. Ma la sensazione, almeno in qualche corridoio di via XX Settembre, è che l’operazione possa rivelarsi il solito vantaggio per le banche e non proprio un beneficio per le imprese. O almeno non l’intero beneficio che alle imprese spetterebbe. Al centro della scena c’è l’operazione di rimborso dei debiti della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese. Si tratta di uno dei piatti forti dei piani economici di Matteo Renzi, rilanciato in pompa magna qualche giorno fa. In ballo 68 miliardi di arretrati che, a quanto pare, lo Stato intenderebbe sbloccare facendo ricorso allo strumento della cessione dei crediti alle banche, con un eventuale intervento della Cassa Depositi e Prestiti (controllata all’80% dal Tesoro). Ebbene, le domandine maliziose che qualche osservatore si sta facendo, in queste ore, sono le seguenti. La prima: non è che tutta l’operazione riserverà un bel vantaggio alle banche? La seconda: non è che alla fine le imprese fornitrici saranno costrette a lasciare per strada un bel po’ di soldi pur di incassare i crediti nel minor tempo possibile? La terza: siamo sicuri che Cdp, presieduta dall’ideatore di tutto il piano, Franco Bassanini, abbia patrimonio sufficiente per poter essere eventualmente coinvolta nel pagamento dei crediti a quel punto rivendicati dalle banche? Dubbi, per così dire, che più amletici non si può, al di là della televendita trasmessa due giorni fa dal presidente del consiglio.

La questione
Che le banche intervengano in questa operazione non certo per fare beneficenza è fuor di dubbio. Il primo dato che sembra indiscutibile è che gli istituti di credito non acquisiranno i crediti di un fornitore pagandoli al loro valore nominale. Dovranno infatti avere un loro margine di guadagno, derivante dal fatto che sostanzialmente si troveranno a vendere tempo alle imprese. Fonti della stessa Cdp, consultate ieri da La Notizia, hanno infatti spiegato che le banche potranno rilevare questi crediti con uno sconto che al massimo può essere del 2%, pena la perdita della garanzia dello Stato. Insomma, ogni credito potrebbe essere incassato dai fornitori decurtato del 2% massimo. Conseguenza normale in ogni cessione di credito, si dirà, ma comunque un passaggio che finora è rimasto a dir poco al margine. Il tutto, naturalmente, in attesa dell’approvazione definitiva del testo che riguarda i rimborsi. A quel punto le banche si ritroverebbero in mano un credito sicuro, garantito dallo Stato (altro che quelli spazzatura che spesso si trovano in pancia). Se un ente o un’amministrazione locale non fossero in grado di pagarlo subentrerebbe la Cassa Depositi e Prestiti. Una garanzia di grande potenza di fuoco, dicono Renzi e i suoi collaboratori, con un tesoretto di raccolta postale che però appartiene agli italiani: 233 miliardi di euro nel 2012. Il patrimonio della Cdp, intorno ai 17 miliardi, invece è a dir poco sbilanciato rispetto ai circa 33 miliardi di partecipazioni detenute (anche se molte di queste dovrebbero essere messe sul mercato, vedi Sace o Cdp Reti che controlla Snam). Da qui la domanda: se le banche arrivano a rivolgersi alla Cdp, come fa il già traballante patrimonio di quest’ultima a far fronte a eventuali richieste di rimborso?

La risposta
Sul punto le stesse fonti della Cassa spiegano che in realtà il piano Bassanini prevede un tetto massimo di 3-4 miliardi l’anno di rimborsi da assorbire, proprio per non creare scossoni. E lo stesso ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, fanno sapere ancora dalla Cdp, ha avuto modo di chiarire che i limiti del ruolo residuale della Cassa Depositi verrebbero stabiliti dal consiglio di amministrazione della stessa società. Insomma, in questo modo si cercherebbe di salvaguardare la tenuta del sistema. Certo rimane poi il grando scoglio rappresentato dall’Ue. Tecnicamente, a quanto pare, non appena il debito dello Stato da commerciale diventa finanziario, a seguito di una cessione alle banche, entra automaticamente nel conteggio del debito pubblico. E qui, neanche a dirlo, potrebbero essere dolori. Di sicuro lo “spread” tra la comunicazione del piano e la sua realizzazione è piuttosto consistente.

Twitter: @SSansonetti