Ora c’è la mafia dietro il business dell’oro rosso

di Alex Lombardi

Agiscono quasi sempre di notte o poco prima dell’alba. Col favore del buio, armati di grosse tenaglie, entrano in azione sui  binari ferroviari, nelle cabine elettriche, lungo i tralicci dei cavi telefonici. Un colpo deciso e via, si dileguano con addosso chili di quello che è diventato una nuova fonte di facile guadagno: il rame. Ottimo conduttore, molto resistente, facilmente lavorabile, l’oro “rosso” negli ultimi anni sta andando a ruba nel vero senso della parola. Fa gola a italiani, stranieri, ad ambienti criminali.

È richiestissimo nei paesi dell’est Europa, ma la domanda oltrepassa anche i confini del nostro continente per arrivare fino in Cina e India che ne hanno bisogno per lo sviluppo dell’industria tecnologica. Trovarlo, è estremamente semplice: stazioni ferroviarie, fabbriche, tombini, cantieri, perfino i cimiteri, sono i luoghi più frequentati dai predoni di “oro rosso”.

Alcuni giorni fa, a Roma,  due romeni sono stati sopresi dai carabinieri a portar via lastre di rame dal tetto di una chiesa. È soltanto l’ultima spia di un fenomeno criminale in costante crescita in Italia.

D’altra parte, i dati della Polizia ferroviaria parlano chiaro: lo scorso anno, lungo i 16.500 km di linea ferroviaria nazionale, si sono verificati duemila furti pari a circa 860 tonnellate di rame rubato. Nei soli primi tre mesi del 2013 i colpi messi a segno sono stati più 560 con oltre 360 tonnellate di cavi fatti sparire. E che la razzia è andata a buon fine lo si capisce poche ore dopo, quando in cielo si notano colonne di fumo generate dai roghi accesi per bruciare la guaina di plastica che ricopre il rame: un sistema per rendere il metallo “pulito”, irriconoscibile, pronto per essere rivenduto sul mercato clandestino a 5 o 6 euro al chilo. Ed essendo qualitativamente più puro, il rame che si trova lungo le ferrovie è il più ricercato e rubato. Le conseguenze sulla circolazione sono inevitabili: linee bloccate, treni fermi, rallentamenti e ritardi, disagi per i passeggeri.

“Bisogna distinguere due fasi – spiega Barbara Caccia, funzionaria della Polizia ferroviaria – quella del furto e quella della ricettazione. Noi cerchiamo di intervenire a livello preventivo per cogliere in flagrante i ladri di rame.  Poi ci sono i controlli nei depositi che in buona o cattiva fede accettano il metallo di provenienza furtiva, spesso già trasformato e reso irriconoscibile. In linea generale, c’è un lavoro di intelligence che cerca di intercettare il rame prima che arrivi negli sfasciacarrozze”.

Gli sfasciacarrozze ricettatori

In molti casi, infatti, i ladri di rame trovano nei titolari dei depositi dei buoni complici che a loro volta rivendono il metallo sul mercato nero internazionale, fortemente condizionato dalla domanda mondiale: “Il numero dei furti e il prezzo sul mercato nero varia a seconda delle quotazioni del rame a livello internazionale – specifica Caccia – Tra il 2006 quando nasce il fenomeno e il 2009, l’andamento è stato decrescente, ma dal 2010, complice la risalita dell’oro rosso sul mercato internazionale, la domanda è cresciuta soprattutto sui mercati asiatici come quelli di India e Cina da anni impegnate nello sviluppo dell’alta tecnologia di cui il rame costituisce una componente fondamentale”.

In Italia, la regione più colpita sia come numero di furti che come quantità di oro rosso rubato è la Campania, in particolare tutta la zona del Casertano, seguita da Lazio, Sicilia, Puglia e Lombardia. Secondo i dati forniti dalla Polfer, nel primo trimestre di quest’anno sono stati oltre mille (342 quelli del 2012) i controlli effettuati che hanno portato alla denuncia a piede libero per furto (cui si aggiunge spesso anche l’interruzione di pubblico servizio in seguito al blocco della circolazione ferroviaria) di 163 persone (36 lo scorso anno).

Rischio folgorazione

Ma spesso i furti di rame hanno anche un risvolto tragico: non di rado, per un colpo da poche centinaia di euro, molti ladri rischiano la vita intrufolandosi nelle cabine elettriche che si trasformano in vere e proprie trappole da migliaia di watt. In base ai dati forniti da Enel, nel 2012 l’80 per cento dei furti di rame nelle cabine secondarie e dalle linee elettriche aeree ha avuto conseguenze mortali.

Negli ultimi tre anni, secondo l’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica il bilancio legato ai furti di oro rosso è stato di 16 infortuni gravi e 36 decessi. Al rischio di rimanere folgorati, va poi aggiunto il disagio che spesso il furto di rame crea alla cittadinanza: ne sanno qualcosa gli abitanti di Palermo costretti a convivere con strade al buio e punti luce spesso spenti. Un’emergenza che è stata denunciata da Emilio Arcuri, presidente del consiglio di amministrazione di Amg Energia, l’azienda che si occupa della gestione e della manutenzione dell’illuminazione pubblica del capoluogo siciliano: “C’è una regia dietro questa impennata di furti ed è quella della mafia – ha sottolineato – C’è la mano della criminalità organizzata che gestisce la commercializzazione del rame sul mercato nero”. Un’escalation senza precedenti che solo nelle scorse settimane ha fatto registrare sei furti a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro in una zona della città nuova – la Zisa.

“Una guerra”, l’ha definita il presidente Arcuri, “una situazione drammatica e preoccupante, che ci danneggia pesantemente: un chilometro di rame costa circa 500 euro, viene venduto al mercato nero a 147 euro, ma crea un danno di oltre 3.000 euro, il costo, appunto, del ripristino dei cavi”.

L’osservatorio nazionale

E il fenomeno ha assunto proporzioni tali che il ministero dell’Interno ha deciso di istituire, il 24 febbraio del 2012, un Osservatorio nazionale sui furti di rame. Un organismo cui partecipano tutte le forze di polizia, l’Agenzia delle Dogane (si cerca infatti di intercettare le rotte dell’oro rosso quando sta per varcare i confini nazionali), Enel, Telecom con lo scopo di ingaggiare una lotta serrata contro un fenomeno criminale esteso soprattutto delle regioni del Centro-sud. Allo studio ci sono alcuni sistemi per rendere tracciabile il metallo rosso e facilitare in questo modo l’azione delle forze dell’ordine, ma anche l’idea di creare una fattispecie giuridica ad hoc come il furto di rame e di attribuire la competenza giudiziaria alle direzioni distrettuali antimafia. Tutte ipotesi ancora al vaglio degli investigatori che stanno cercando di cambiare una situazione che al momento vede, per i furti di rame, soltanto la denuncia a piede libero e l’arresto in flagranza. Armi decisamente spuntate contro un fenomeno sempre più esteso e sfuggente.