Orrore in corsia. In ospedale tutti sapevano delle morti sospette a Saronno: ma nessuno ha mosso un dito

Nel piccolo ospedale di Saronno tutti sapevano del protocollo della morte, dalle infermiere ai medici passando per centralinisti e impiegati.

Nel piccolo ospedale di Saronno tutti sapevano del protocollo della morte, dalle infermiere ai medici passando per centralinisti e impiegati. Era stata addirittura aperta  una commissione interna d’inchiesta attivata da una collega della killer, Clelia Leto,  che si era accorta dello strano comportamento dei due.  La donna fu chiarissima, ma i vertici dell’ospedale non presero nessun provvedimento nei confronti del vice primario di anestesia. Era il 20 giugno del 2014. Ed è così che iniziata l’inquietante girandola di testimonianze che ha portato ad accuse da ergastolo. Raffaella Banfi, coordinatrice delle infermiere, era stata allertata dalla Leto. Al pm, il 23 agosto 2014, la dottoressa ha raccontato di sapere dei problemi di alcuni infermieri con Cazzaniga che disponeva “terapie eccessive”, e ha riferito di ricordare che quegli infermieri gli avevano elencato casi in cui “il  paziente, sebbene non agonizzante, era poi deceduto”.

Mix mortale – È uno sprofondo nell’orrore quello che emerge dalle 61 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip di Busto Arsizio, che ha portato all’arresto di Lorenzo Cazzaniga, viceprimario anestesista, e Laura Taroni, infermiera nello stesso Pronto soccorso. “Elemento degno di considerazione è la peculiarità dell’approccio terapeutico del dottor Cazzaniga, oppiodi insieme a benzodiazepine e ipnotici che non trova analogo riscontro nei casi selezionati trattati dagli altri medici del Pronto Soccorso è indubitabile che le dosi dei farmaci somministrati nei casi selezionati sembrano superare, in modo evidente, i valori indicati nel prospetto esemplificativo contenuto nelle linee guida della Siaarti (società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva). Nonostante queste conclusioni la direzione sanitaria della struttura, ha scritto il gip Luca Labianca, non adottava alcun provvedimento nei confronti di costui”.

Nessuna traccia – Ed è per questo che il pm di Busto Cristina Ria ha iscritto nel registro degli indagati altre dodici persone: undici sono medici. Tra loro Nicola Scoppetta, primario del pronto soccorso dove Cazzaniga poteva dire “faccio l’angelo della morte, e due direttori sanitari, l’attuale e il suo predecessore. Queste camici bianchi, che avrebbero dovuto tutelare la vita dei pazienti e che non hanno impedito la morte del marito della donna Massimo Guerra, a vario titolo,  rispondono di omessa denuncia, favoreggiamento personale, falso ideologico per aver certificato false patologie per convincere una delle vittime di una malattia inesistente: quel diabete di cui il marito dell’infermiera non soffriva e che, per chi indaga, è stato usato per avvelenarlo fino alla morte. I due killer avevano pute trovato un altro modo per non farsi scoprire: facevano cremare i corpi perchè non rimanessero tracce dei farmci nè delle patologie dei pazienti.