Pansa con un piede in due staffe. E Ansaldo resta in mani italiane. Finmeccanica vende la controllata al Fondo strategico nel cui Cda siede il numero uno del gruppo aerospaziale

di Stefano Sansonetti

 Con un’operazione che vede il numero uno di Finmeccanica, Alessandro Pansa, tenere il classico piede in due staffe, Ansaldo Energia resta in mani italiane. Almeno per il momento. Il consiglio di amministrazione del colosso dell’aerospazio ha definitivamente dato il via libera alla cessione della società controllata al Fondo strategico italiano, che a sua volta fa capo alla pubblica Cassa depositi e prestiti. E così, provvisoriamente, il governo dà una risposta agli assalti portati avanti dal gruppo coreano Doosan, che però è tutt’altro che fuori dalla partita. Certo è che il tutto avviene in un contesto in cui la posizione di Pansa non è proprio da manuale. Si dà infatti il caso che il manager non soltanto sia amministratore delegato di Finmeccanica, che controlla Ansaldo Energia, ma risulti anche consigliere di amministrazione del Fondo strategico che ha deciso di perfezionare l’acquisto. Insomma, Pansa si è praticamente trovato nel doppio ruolo di venditore-compratore, certo non il massimo visti i contorni dell’operazione. Ieri sono filtrate voci relative a sue recentissime dimissioni dal Fondo, che però non risultano né dal sito della società né dall’archivio delle camere di commercio. In ogni caso, anche se date in extremis, le dimissioni nulla toglierebbero a quello che è stato un autentico doppio ruolo.
 
Il piano
 
Il Fondo strategico, secondo l’iter confermato ieri, acquisirà l’85% di Ansaldo Energia, sborsando in tutto circa un miliardo di euro. In particolare il veicolo della Cassa Depositi rileverà l’intera quota del 45% detenuta in Ansaldo dal fondo americano First Reserve. Con questa rileverà anche la maggior parte del restante 55% in mano a Finmeccanica, per la precisione il 40%. In conclusione, quindi, al Fondo farà capo l’85% di Ansaldo Energia, mentre il residuo 15% rimarrà in mano a Finmeccanica sino al 2017, con un’opzione a vendere allo stesso Fondo. L’accordo, però, prevede anche che la Cassa Depositi si attiverà per trovare partner industriali di Ansaldo Energia. E qui in prima fila rimangono i coreani di Doosan, che proprio per questo motivo rimangono assolutamente in campo. Nelle casse di Finmeccanica, alla fine della fiera, arriveranno 400 milioni di euro, che il gruppo dell’aerospazio potrà aggiungere ai proventi delle altre dismissioni sin qui condotte in porto.

La scelta dell’esecutivo

Così, quindi, il governo di Enrico Letta ha eretto una barriera a protezione dell’italianità dell’azienda. E appena il caso di ricordare, infatti, che il Fondo strategico è controllato al 77% dalla Cassa Depositi, presieduta dall’ex ministro Ds Franco Bassanini, che a sua volta per l’80% fa capo al ministero del Tesoro. Curioso notare come nel capitale del Fondo strategico ci sia con il 20% anche la Banca d’Italia, ingresso perfezionatosi qualche tempo fa a seguito del conferimento al Fondo stesso del 4,5% che palazzo Koch deteneva in Generali. Quota che via Nazionale si è trovata costretta a cedere per evitare l’ombra del conflitto d’interessi, visto che con l’assorbimento dell’Ivass la banca centrale è diventata l’autorità di vigilanza sulle assicurazioni. Operazione con la quale, però, si è caduti dalla padella alla brace, visto che Bankitalia esercita pure una vigilanza speciale sulla Cassa Depositi come stabilito dal Testo unico bancario.

Gli altri asset

A questo punto rimane da capire cosa accadrà con gli altri pezzi di Ansaldo, ovvero Sts (sistemi di segnalamento) e Breda (treni e metropolitane). Per il momento il dossier rimane congelato, anche se alla finestra rimangono i giapponesi di Hitachi e gli americani di General Electric.