Per i giovani l’effetto Renzi è già finito

Di Carlotta Galleni

Riforme? Tra i giovani pochi ci credono. E per i più la politica resta lontanissima. Anche con Renzi e parole chiave come rottamazione e cambiamento. In teoria temi che dovrebbero essere il cavallo di battaglia degli under 24, coinvolgerli e farli sentire protagonisti di un dibattito che a nessuno riguarda più di loro. In pratica però la discussione che sta impegnando da mesi le istituzioni resta distante dalla vita di tutti i giorni. Senato non elettivo, Patto del Nazareno, riforma elettorale sono indigeribili. E se – a quanto pare – la Costituzione sta per essere modificata, tra i più giovani non c’è certo chi ne fa una tragedia. Per chi guarda al futuro, perché è il futuro, l’idea che dopo sessantasei anni anche alla Carta fondamentale dello Stato meriti qualche ritocchino è naturale. Bisogna andare nei centri sociali, cercare col lanternino quei pochi che hanno fatto politica a scuola o nei comitati studenteschi per trovare qualcuno che veda la Costituzione come un totem immutabile. Per tutti gli altri il concetto di riforme è positivo. A occuparsene sia però qualcun altro.

Disimpegno
C’è da meravigliarsi? No. I politici sono sentiti distanti e la politica inaffidabile, corrotta e incompetente. Il famoso gap insomma tra Palazzo e Paese reale. I giovani nella fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni hanno poca fiducia nei confronti delle istituzioni. Molti addirittura non sanno neanche chi governa il Paese o chi sta a capo delle Politiche del lavoro, cioè il problema che dovrebbe essere un chiodo fisso in questa Italia con il 42 per cento di ragazzi disoccupati. L’unica cosa che riesce a catturare l’attenzione dei più giovani sono gli scandali. Chi ruba indigna. Per il resto il politichese è vissuto come una lingua di luoghi comuni, bugie e frasi fatte. E gli adolescenti vogliono starne più lontano possibile. L’esempio d’altronde è disastroso. Ogni promessa non mantenuta da un politico equivale ad un voto in più al partito del disinteresse. La disaffezione gonfia le fila dell’astensionismo, dello scetticismo. Manca un’educazione alla responsabilità civile, e anche questa è una colpa della politica, o per lo meno di una parte di essa. Chiedere ai giovani come vedono le riforme del Governo è allora pressoché tempo perso.

Argomenti seri
L’unico desiderio della maggior parte dei ragazzi è che le istituzioni si attivino sul territorio, che parlino con loro. In Italia, secondo l’Ipsos, solo il 9% degli elettori tra i 18 e 24 anni ha votato alle ultime Europee. Certo, Renzi e il suo slogan della rottamazione hanno fatto breccia pure nel cuore degli under 24. Infatti il Partito democratico ha raggiunto la quota del 35,5% tra giovani andati alle urne. Le riforme oggi in discussione sono però dal loro punto di vista fumose. Esattamente come il futuro Jobs Act 2, dove la maggiore attesa è che una crescente flessibilità del mercato non comporti una maggiore precarietà. Se a pochissimi interessa qualcosa del Senato, molti invece chiedono di cambiare l’Università e la scuola. Qui le ipotesi di riforma sentite fin ora coinvolgono prevalentemente professori ed edilizia scolastica, senza affrontare i veri problemi degli studenti e della loro formazione. Per De Gasperi “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione”. Un concetto che pare aver bisogno anch’esso di una spolverata, visto che i politici guardano poco ai giovani. E i giovani non guardano affatto al Palazzo.