Il poltronificio della Regione Lazio

di Clemente Pistilli

Le Province stanno sparendo, ma per chi aveva un ruolo di primo piano in quella di Roma la soluzione è già arrivata. Addio a Palazzo Valentini e nuovi prestigiosi incarichi alla Pisana. Sono tanti gli uomini che erano con Nicola Zingaretti all’interno dell’amministrazione provinciale e che hanno ottenuto dirigenze una volta che l’esponente del centrosinistra si è insediato alla Regione Lazio. E tante le poltrone affidate a colletti bianchi provenienti dal Ministero dell’economia e finanze e dal Dipartimento della funzione pubblica. Ma è possibile per un ente come quello del Lazio, dove tutto manca fuorché i debiti, fare un così massiccio ricorso agli esterni? Assolutamente no secondo la Direr Dirl Lazio, la federazione nazionale dei dirigenti e dei quadri direttivi della Regione, che insieme ai tanti che attendevano una posizione e che hanno invece visto scegliere al loro posto funzionari provenienti da altri enti ha fatto ricorso al Tar del Lazio. La richiesta fatta ai giudici è perentoria: le oltre venti dirigenze date con incarichi a tempo sono tutte da annullare.

Cercasi capi con urgenza
Era l’estate scorsa quando in Regione accelerarono le procedure per affidare dirigenze a personale esterno. Alla Pisana ritennero che gli attuali 160 dirigenti del Lazio non fossero sufficienti, che i funzionari da anni al lavoro in Regione non potessero assumere incarichi superiori e partirono i bandi per cercare uomini da inserire in ruoli chiave. Ricerche e scelte compiute nell’arco di dieci giorni, con una spesa stimata di circa 200 mila euro annui a dirigente, per un totale di circa 5 milioni di euro l’anno. Selezioni senza alcuna comparazione. Non servì altro per mandare su tutte le furie gli esponenti del Movimento5Stelle, che presentarono un esposto e fecero aprire un’indagine alla Corte dei Conti, sostenendo che era stato abbondantemente superato il limite degli incarichi che per legge è possibile affidare e che quel fiume di denaro per i nuovi dirigenti non era altro che uno sperpero di denaro pubblico.

Il sindacato dice no
A dare battaglia sulla distribuzione di poltrone, fin dall’inizio, è stato poi il sindacato dei dirigenti regionali, tramite il segretario Roberta Bernardeschi, che per problemi analoghi aveva mosso in passato numerose critiche alla giunta Polverini. Ora la Direr Dirl Lazio ha chiesto l’intervento del Tar. “La riorganizzazione dell’amministrazione così come è stata compiuta – ci ha dichiarato la segretaria Berbardeschi – non è altro che un modo per moltiplicare poltrone. Le aree sono state spezzettate e decuplicate, rendendo necessari altri dirigenti e arrivando al punto che non si sa più chi fa cosa. A nostro avviso – ha proseguito – sarebbe stato sufficiente e sicuramente più economico affidare incarichi ai quadri interni, magari con delle graduatorie a rotazione. Tra l’altro le procedure sono state seguite tutte dal segretario generale, che è un fiduciario politico. Senza contare che agli esterni sono stati dati tutti gli incarichi nei settori chiave. Per non parlare delle incompatibilità piuttosto evidenti”. Al Tar di Roma è stato chiesto di annullare tutti gli atti relativi alle dirigenze date a 22 esterni. E con una memoria integrativa verrà ora chiesto di annullarne altre appena concesse.

Nicola tira dritto
Zingaretti non sembra però preoccupato né delle indagini né del ricorso. Gli incarichi esterni vengono definiti dall’ufficio stampa della presidenza “un investimento per valorizzare la pubblica amministrazione regionale, fatto secondo legge e che rivendichiamo. La macchina regionale ha avuto evidenti problemi in questi anni: per questo, oltre alla valorizzazione delle risorse interne e ai tagli di 8 direzioni regionali, abbiamo ritenuto di scegliere all’esterno tra i migliori dirigenti che ci sono in Italia e portarli all’interno della struttura regionale”. Sui “generali” insomma sembra proprio che il Lazio non possa tagliare.