Grande Disastro Pompei. Il piano crolla come le Domus. Spesi solo 40,7 milioni dei 139 a disposizione. E i lavori dovevano terminare già l’anno scorso

Per il Grande Progetto Pompei sono stati spesi soltanto 40,7 milioni dei 139 a disposizione. E i lavori dovevano terminare già l'anno scorso

di Carmine Gazzanni

Era la vigilia di Natale quando Matteo Renzi è andato in visita a Pompei, dicendosi ammaliato da cotanta bellezza storica e inaugurando la riapertura di ben sei edifici. Un trionfo per il premier che, per l’occasione, come suo solito aveva confezionato uno slogan ad hoc: “restauri, non più crolli”. Peccato, però, che dal primo cedimento di sei anni fa con la Domus Aurea (che portò alle dimissioni del ministro di allora Sandro Bondi), ne sono seguiti altri (solo l’anno scorso sono stati  40). Nel frattempo, però, lo Stato italiano era corso ai ripari lanciando il mastodontico “Grande Progetto Pompei”, un progetto talmente ampio da coinvolgere più ministeri: dall’Interno all’Istruzione fino, soprattutto, ai Beni Culturali. La deadline sin da subito era chiara: tutte le opere di intervento saranno concluse, si diceva già nel 2010, entro il 31 dicembre 2015. A finanziare il progetto, l’Europa con ben 105 milioni di euro. Peccato, però, che il piano sia miseramente fallito dato che già nel 2014 si preannunciava che né i 105 milioni sarebbero bastati né si sarebbero rispettati i tempi. Il tutto, purtroppo, è stato pienamente confermato dall’ultima relazione (aggiornata proprio al 31 dicembre 2015) consegnata dal ministro Dario Franceschini alle Camere.

ALTO MARE – Partiamo da un dato: ai 105 milioni stanziati fino al 2015 sono stati aggiunti altri 34, per un totale di 139 milioni. Insomma, i soldi ci sono. Peccato, però, non vengano spesi nei tempi prestabiliti. A oggi, infatti, risultano effettivamente spesi solo 40,7 milioni. Nemmeno un terzo del totale, per un Progetto che avrebbe dovuto dirsi concluso a fine 2015. Non va meglio se passiamo sul fronte degli interventi conclusi: se 42 lavori sono terminati, 23 sono ancora in corso e ben 9 sono in attesa ancora di partire. E, dulcis in fundo, per due interventi siamo alle calende greche, dato che si è in piena procedura di gara d’appalto. Ancora. Ma non è tutto: dei 42 lavori portati a termine, infatti, solo 16 riguardano il cosiddetto “piano delle opere” (interventi concreti sulle opere, appunto); i restanti 21, invece, riguardano altri piani di intervento (come le mere forniture di beni e servizi). Ma non finisce qui. Perché se andiamo a vedere il cronoprogramma, possiamo constatare per quanto ancora ne avremo. Per dire: i lavori di adeguamento delle case demaniali a servizio dell’area archeologica saranno conclusi solo nel 2017, mentre per la messa in sicurezza delle “Regiones” (i quartieri della città antica) I,II e III dovremo aspettare il 2018. Sempre che qualche altro contenzioso non blocchi i lavori. Per non parlare infine della sicurezza: solo l’anno scorso ci sono stati 40 crolli, 8 accessi abusivi e 7 furti e danneggiamenti di opere archeologiche. Ciononostante nemmeno la videosorveglianza è garantita, dato che i lavori (per 3,7 milioni) sono ancora in corso. Insomma, tra un po’ anche il cantiere diventerà archeologia. Dopotutto anche questa è una exit strategy.

Twitter: @CarmineGazzanni

 

Riceviamo e pubblichiamo:

Ancora una volta Pompei è costretta  a fare i conti con articoli dal titolo diffamatorio e dal contenuto inesatto e infondato. Nell’articolo pubblicato in data 25 febbraio dal quotidiano on-line La Notizia, si parla del Grande Progetto Pompei come di un grande disastro, sciorinando numeri recuperati in maniera del tutto inesatta da fonti imprecisate, generando una totale distorsione di notizie e confusione di dati.

Il Grande Progetto Pompei, anzitutto, è stato finanziato con 105 milioni di euro, ma grazie ai ribassi di gara si sono potuti recuperare altri 34 milioni da investire per ulteriori progetti. Dunque un successo e non soldi integrati dall’Unione Europea per colmare degli sprechi. Come anche annunciato a chiusura di anno e poi nella relazione al Parlamento di inizio anno dal Direttore Generale Giovanni Nistri, per la fine del 2015 si è conseguita una spesa di 40 milioni di euro secondo il piano di azione concordato con l’Unione Europea. Tutti i cantieri sono stati messi a bando e avviati, ad esclusione di 2 soli bandi che sono stati bloccati da un contenzioso e che sono in via di risoluzione.  Gli interventi hanno interessato più piani d’azione dalle strutture archeologiche, con restauri e messe in sicurezza, alla fruizione, alla sicurezza, alla comunicazione, alla conoscenza, soddisfacendo le esigenze dell’area archeologica su più fronti. Il Grande Progetto Pompei ha consentito l’apertura di diverse Domus chiuse da molti anni, come la Fullonica di Stephanus, la casa della Fontana Piccola, la casa dell’Efebo, la casa di Paquius Proculus, la Casa del Sacerdos Amandus, la casa di Fabius Amandio alle quali si aggiungono altre 6 domus che saranno aperte a metà marzo. Ma soprattutto, tutte le procedure sono state curate seguendo le stringenti prescrizioni dei protocolli di legalità e di monitoraggio finanziario dei flussi economici.

E’ proprio in virtù degli ottimi risultati raggiunti entro il 2015, certificati anche dall’Unesco, che la Comunità Europea ha acconsentito a un accordo cosiddetto di “bridging” che consente di proseguire le attività di cantiere avviate e spalmare la rendicontazione della spesa con fondi 2014/2020 del Pon Cultura; dunque “nessun clamoroso ritardo”.

Ancora il dato dei 40 crolli  nell’ultimo anno è assolutamente infondato e tendenzioso, le segnalazioni  rilevate nel corso del 2015 (4 per la precisione) afferiscono anche e soprattutto a semplici distacchi di intonaco, assolutamente fisiologiche in una città antica come Pompei di 66 ettari, di cui 44 scavati. Così come gli accessi abusivi che vengono segnalati sono stati tutti prontamente identificati e bloccati dalla vigilanza e dalle forze dell’ordine in servizio a Pompei, segno evidente di un’efficiente sistema di sorveglianza, che tra l’altro si sta implementando attraverso il Grande Progetto Pompei con l’ampliamento della videosorveglianza a  totale copertura di tutta l’area archeologica.  Per quanto riguarda i furti infine, si è trattato anche in tal caso di episodi  di cui,  per quanto incresciosi, è giusto evidenziare la limitata portata e non parlare di un enfatizzato danno alle opere archeologiche.

Soprintendenza di Pompei e Direzione Generale Grande Progetto Pompei

 

Nulla di quanto precisato nella replica contraddice o cozza con quanto riportato nell’articolo, in cui si precisa – appunto – che sono stati spesi effettivamente solo 40 milioni (su 105 + 34 milioni rifinanziati proprio perché il Progetto non è stato concluso nei tempi prestabiliti). Il punto è quel “solo”, proprio perché nonostante un’effettiva accelerazione nell’ultimo periodo, è indubbio che si è in ritardo se si ragiona con quanto prevedeva inizialmente (2010) il progetto (e a riprova dei ritardi, tutta la sequela di commissioni e commissari che si sono susseguiti nel giro di sei anni). I 40 milioni a fine 2015 erano concordati con l’Unione Europea? Certo, ma solo nell’ultimo periodo. Tanto che nella relazione si precisa che tale spese effettiva è “pari al 57% ca. degli impegni giuridicamente vincolanti assunti”. Per il resto, non ce ne voglia la Soprintendenza (cui riconosciamo un pregevole lavoro), ma spiace constatare che cedimenti di ogni genere siano ritenuti “fisiologici” per un sito come Pompei. Peccato. Ma tant’è. Soltanto una cosa cozza tra articolo e quanto precisato da Soprintendenza e Direzione Generale GGP, ma va a danno di questi ultimi: i dati non sono recuperati “in maniera del tutto inesatta da fonti imprecisate”. Ma dall’ultima relazione ministeriale presentata in Parlamento. Come, peraltro, scritto nero su bianco nel pezzo. Ecco, parlare di fonti imprecisate – questo sì – è infondato.

Carmine Gazzanni