Poveri artigiani decimati dalla crisi. Nel 2014 spazzate via 25 mila imprese. Mai così in basso dall’inizio del millennio

Per ricordare una crisi così bisogna andare con la memoria indietro di decenni. Gli ultimi dodici mesi di recessione hanno spazzato via 25mila imprese artigiane. Un nuovo, secco impoverimento per il Made in Italy. Il censimento realizzato da Movimprese riporta così le lancette indietro di molti anni, a 1.382.773 imprese artigiane in attività, il livello più basso del nuovo millennio. A lanciare l’allarme è stata ieri la Cna, la maggiore confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa.

DECIMAZIONE
La riduzione di queste imprese rispetto al 2013 è stata dell’1,8%. Un calo particolarmente pesante soprattutto se comparato a quello dell’intero sistema produttivo che invece è stato praticamente nullo (-0,3%). La diminuzione ha interessato tutti i territori, ma è stata particolarmente forte nelle regioni del Mezzogiorno, accomunate al Piemonte (-2,5%) da variazioni negative superiori alla media nazionale. Le regioni nelle quali l’artigianato è stato falciato senza risparmio sono l’Abruzzo (-3,2%), il Molise (-3,3%), la Basilicata (-3,0%), la Sicilia (-2,8%) e la Sardegna (-2,8%). La decimazione si è accanita principalmente su tre settori: le costruzioni, che con una diminuzione di 15.646 imprese (-2,8%) sono il comparto in cui l’artigianato continua a pagare il prezzo più alto alla crisi; la manifattura (-6.708 imprese pari al -2%) e i trasporti (-2.830 imprese pari al -3%). Sono cifre che debbono far riflettere tutti – ha spiegato la Cna – dopo otto anni di crisi la fiducia delle imprese e delle famiglie, secondo i più grandi e recenti indicatori, appare in crescita.

INTESA CON EQUITALIA
In questo quadro proprio la Cna sta cercando di creare un migliore clima di collaborazione con Equitalia. “Abbiamo ogni giorno l’obiettivo di semplificare le relazioni con l’amministrazione finanziaria per favorire la soluzione dei problemi e delle difficoltà che incontrano le imprese”, ha detto ieri il segretario generale della confederazione artigiana, Sergio Silvestrini, introducendo la videoconferenza di verifica del protocollo Cna-Equitalia, in vigore dall’aprile dello scorso anno, alla quale erano connesse 36 sedi territoriali della Cna, con la presenza di oltre 500 persone collegate in diretta, tra imprenditori, funzionari di Equitalia e specialisti dell’organizzazioen datoriale.
“Siamo convinti – ha proseguito Silvestrini – che la riscossione coattiva dei tributi rappresenti un momento fondamentale per ogni Stato civile. Da essa dipende la credibilità dell’amministrazione finanziaria nella lotta all’evasione fiscale e, allo stesso modo, la possibilità per le imprese di continuare a esercitare l’importante funzione sociale di produrre lavoro e benessere”. Ai lavori della videoconferenza, che si è svolta nella sede nazionale della Cna, ha partecipato il presidente di Equitalia, Vincenzo Busa, che ha parlato di “importante opportunità, perché consente di confrontarsi apertamente sui problemi che quotidianamente emergono in sede di riscossione coattiva”.

Riforme, Fisco e banche. Ecco come si può ripartire. Parla il presidente di Cna e Rete Imprese, Vaccarino

di Sergio Patti

vaccarinoSe non ora, quando? Quando realizzare le riforme e soprattutto quando abbassare de-ci-sa-men-te la pressione fiscale? Il presidente della Cna e di Rete Imprese Italia, Daniele Vaccarino, non si vuole rassegnare alla fotografia desolante delle imprese artigiane che chiudono.
Domanda. Nel 2014 si è toccato il livello più basso del millennio, con un saldo negativo di 25mila aziende costrette a fermarsi. Siamo alla fine del modello piccolo è bello?
Risposta. “Artigiani e piccole imprese hanno retto incredibilmente grazie ai sacrifici e agli investimenti personali degli imprenditori, ma dopo 8 anni di crisi era ovvio che i nodi prima o poi dovevano venire al pettine. Il quadro per il 2015 però sta cambiando”.
Da cosa dovremmo vederlo?
“Da alcuni elementi incontrovertibili, come i benefici dovuti al calo del petrolio, la svalutazione dell’euro sul dollaro e l’attesa per l’immissione di liquidità finanziaria da parte della Banca centrale europea. Tutti fattori che insieme alle aspettative sulle riforme – quelle già già realizzate e quelle da realizzare – stanno facendo ripartire la fiducia delle imprese”.
Vederemo. Intanto le aziende chiudono…
“Le assunzioni con costi minori, grazie al taglio dell’Irap, e le decontribuzioni per i nuovi contratti vedrà che spingeranno presto l’occupazione. E la ripresa sarà percepibile già da metà di quest’anno, anche se purtroppo non con la stessa velocità in tutti i settori. Ripartiranno infatti prima il manifatturiero e i servizi, mentre ci sarà da aspettare di più per l’edilizia e i trasporti”.
Perché questa doppia velocità?
“Perché la crisi ha insegnato alle aziende manifatturiere che dovevano guardare ai mercati esteri e molte si sono attrezzate. Nel caso delle costruzioni, invece, al di là dei benefici sulle ristrutturazioni e l’efficienza energetica, non c’è spazio e richiesta di nuovi edifici. E dire che gli immobili, anche pubblici, risalenti agli ‘50 e ‘60 avrebbero bisogno di essere interamente ricostruiti e resi più sicuri e compatibili con le nuove tecnologie ambientali. Penso alle scuole per esempio”.
Dove le cose vanno malissimo è nel Mezzogiorno. Oggi si parla di nominare un ministro per il Sud. È una buona idea?
“Sì, perché il Mezzogiorno è drammaticamente discriminato, a partire dalle infrastrutture. La situazione di Sardegna e Sicilia non è all’altezza del Paese che possiamo essere. E nel 2014 si è accentuata”.
Per far ripartire le imprese la fiducia però non basta…
“Vero, ma non sottovalutiamo l’aspetto positivo di un governo che finalmente approva i decreti attuativi dei provvedimenti. E anche l’elezione del Presidente Mattarella, in pochi giorni, senza la solita manfrina di Palazzo, è un ottimo segnale di incoraggiamento. Senza contare la qualità della persona scelta per il Colle: una figura che risponde perfettamente alla aspettative di sobrietà ed equilibrio che hanno artigiani e piccole imprese”.
Cna e Rete Imprese Italia continuano a battere più di tutto sul Fisco. Qui il Governo non ha fatto ancora troppo poco?
“I primi passi sono stati tutti nella direzione giusta. Se penso alle assunzioni o alla legge Sabatini, solo per fare un esempio. Servono però altri provvedimenti mirati settore per settore. Sgravi da fare adesso, perché è adesso che può partire la ripresa e un aiuto alle imprese ora ha un’efficacia doppia”.
Non tutti sono soddisfatti delle riforme fatte, a partire da quelle sul lavoro.
“Perché non tutti vivono la realtà delle imprese, e soprattutto di quelle piccole. In queste aziende un collaboratore si licenzia solo non ce la si può proprio fare a mantenerlo. Molte delle preoccupazioni che abbiamo sentito sono fuori luogo”.
Qui il governo c’entra meno, ma c’è il problema poi delle banche…
“Gli artigiani e le piccole imprese hanno subito moltissimo la restrizione del credito e su questo fronte abbiamo vissuto una stagione di confronto anche duro con le banche. Oggi però abbiamo Draghi che è riuscito ad allentare il rigore monetario e l’attesa di una forte iniezione di liquidità finanziaria con il Quantitative easing della Bce. Con le banche dunque non dobbiamo più confrontarci da posizioni diverse, ma agire insieme. Con una priorità, come ben evidenziato dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco: i parametri troppo restrittivi per concedere il credito sono un problema. Pure rimuove questi ostacoli fa parte del grande percorso di riforme di cui il Paese ha assoluto bisogno”.