Primarie del Pd contro il Governo. L’ultima trovata per alzare l’affluenza. L’obiettivo di un milione di votanti appare lontano. Programmi fotocopia, nessuno raggiungerebbe il 50%

Lo spettro di Matteo Renzi aleggia sulle primarie del Pd di domenica

Lo spettro di Matteo Renzi aleggia sulle primarie del Pd di domenica. I tre candidati a guidare ciò che resta del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti sperano in un milione di votanti per dire che la consultazione di domani sarà un successo. E già questo numero la dice lunga sullo stato di salute del maggior partito italiano di sinistra, visto che nel 2017 l’affluenza ai gazebi arrivò a 1,8 milioni, mentre nel 2013 gli elettori che parteciparono alle primarie furono 2,8 milioni. Il problema dei tre candidati non è solo quello di attestarsi sopra alla soglia psicologica del milione di partecipanti per evitare di trasformare le primarie in una constatazione del decesso del partito, ma anche quello di arrivare ad eleggere un segretario con una forte legittimazione popolare.

Infatti, bisogna considerare che dalle primarie del Partito Democratico uscirà un segretario, solo se uno, fra Zingaretti, Martina e Giachetti riuscirà a prendere almeno il 50% più uno dei voti dei gazebi, altrimenti sarà necessario passare per l’assemblea dei 1000 delegati del Pd. Un’operazione difficile visto che i candidati hanno programmi molto simili e sono tutti contrari ad alleanze con i 5 Stelle. Così, nelle ultime ore, per riuscire a richiamare alle urne un numero maggiore di elettori, Zingaretti ha provato a trasformare le primarie in una manifestazione di protesta contro la Lega e Movimento 5 Stelle, dicendo: “Tutti coloro che guardano con paura e diffidenza a questo governo domenica hanno l’occasione di battere un colpo”.

Il favorito sembra essere il Governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, grazie all’esito dei voti nei circoli. Un successo che ha scosso i renziani, che per bocca del renzianissimo capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci, hanno detto: “D’Alema sostiene con forza Zingaretti. È un endorsement che rende tutto abbastanza chiaro. Abbiamo bisogno di futuro, non di un’altra ditta dieci anni dopo”. Un’affermazione, quest’ultima, che il governatore del Lazio ha liquidato così: “Questa della ditta è una fake news. Si fanno caricature per parlare al Truman Show della politica. Io credo in un nuovo Pd e non credo si possano portare indietro le lancette dell’orologio. Mi dicono che sono troppo di sinistra, ma questi professoroni del moderatismo non vengono votati da nessuno: io ho vinto due volte alla Regione Lazio con una coalizione ampia.

La crisi del Pd è anche figlia del fatto che il nostro campo è stato occupato da questo modo di ragionare”. Questa è l’atmosfera che si respira in casa democratica. Mentre il silenzio di Renzi, che non ha dato indicazioni pubbliche di voto in favore di nessuno dei candidati, pesa come un macigno. Il suo candidato alla segreteria, Roberto Giachetti, lo ha chiamato in causa dicendo: “Renzi non è un convitato di pietra, è una persona fondamentale per il Pd”. Maurizio Martina, ha spiegato: “Se vinco faccio una segretaria unitaria, un minuto dopo, anche con Zingaretti e Giachetti. Qui non c’è da dividere ma da unire”. Adesso bisogna aspettare il risultato che uscirà dai circa settemila seggi.