A processo per i depistaggi sulla strage di via D’Amelio i tre poliziotti che imbeccarono il falso pentito Scarantino

Avrebbero costruito a tavolino "falsi pentiti" che incolparono dell'eccidio persone innocenti

Ci sarà un processo a carico dei tre poliziotti, Fabrizio Mattei, Mario Bo e Michele Ribaudo, accusati del depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i suoi cinque agenti di scorta.

I tre investigatori facevano parte del pool, coordinato da Arnaldo La Barbera, che indagò sulle stragi che insanguinarono Palermo nell’estate del 1992.  Secondo la Procura di Caltanissetta, che nell’ambito di una nuova inchiesta ha riscritto daccapo la storia della strage di via D’Amelio, i tre investigatori avrebbero costruito a tavolino “falsi pentiti”, come Vincenzo Scarantino, inducendoli a mentire e a incolpare dell’eccidio persone innocenti.

Da qui l’accusa di calunnia aggravata in concorso con i collaboratori di giustizia. Le false dichiarazioni portarono alla condanna all’ergastolo di 7 persone,  oggi assolte nel giudizio di revisione e parti offese in quello che si aprirà a carico dei tre investigatori della Polizia.

Il pm Stefano Luciani ha contestato ai tre anche l’aggravante di aver favorito Cosa nostra consentendo agli esponenti mafiosi realmente implicati nell’attentato di via D’Amelio di restare estranei all’inchiesta per anni. Il processo inizierà il 5 novembre a Caltanissetta.

“La verità si saprà soltanto se chi sa parlerà e uscirà dall’omertà” ha commentato Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso a Palermo.