Psicodramma dei peones Pdl. Silvio non vale uno scranno. Quagliariello e Giovanardi rifiutano le dimissioni in bianco Santanché avverte: fuori da Forza Italia chi non si adegua

di Filippo Conti

Chi non si dimette da parlamentare si pone automaticamente fuori dal partito. E non dovrebbe entrare nella nuova Forza Italia». A parlare è Daniela Santanché. La pitonessa non ha gradito i distinguo e i maldipancia con cui molti parlamentari hanno firmato le dimissioni in bianco da Camera e Senato. Ormai considerate come una prova di fedeltà al Cavaliere». Chi non è d’accordo se ne può andare…», si è sfogata la deputata parlando al telefono con un collega del Pdl. Proprio mentre viene ufficializzata l’idea di scendere in piazza, a Roma, venerdì prossimo. Lo slogan della manifestazione non potrebbe essere più emblematico: «Siamo tutti decaduti». Dimissioni che non tutti hanno firmato. Si è rifiutato Gaetano Quagliariello, che fin da subito aveva criticato la scelta. E si è rifiutato Carlo Giovanardi, che non considera questa «la strada migliore per difendere Berlusconi». Ma ci sarebbe anche un terzo senatore. Forse Maurizio Sacconi. O forse Paolo Naccarato (Gal), anche lui fortemente critico sulla possibilità di staccare la spina al governo: «Silvio, pensaci bene, se si vota la fiducia al governo in molti ti tradiranno». A Palazzo Madama, dunque, è già partito il pallottoliere. Finora sarebbero tra i dieci e i quindici i senatori che, pur avendo firmato le dimissioni, sono pronti a rinnovare la fiducia all’esecutivo. Ma a Montecitorio ci sono anche quelli che, più prosaicamente, pensano allo stipendio e alla difficoltà a essere ricandidati. Insomma, tutti tengono famiglia. E mutui da pagare.

Sudori freddi e mano tremula
Già, perché il vero psicodramma è quello in corso tra i firmatari. «La maggioranza del partito è contro le dimissioni di massa ed è contraria a staccare la spina al governo. Molti di noi hanno firmato la lettera di dimissioni coi sudori freddi e la mano tremula, solo come gesto simbolico di solidarietà al presidente Berlusconi» racconta un deputato pidiellino che, naturalmente, vuole restare anonimo. Tra i big, i contrari sono noti. Praticamente tutti i ministri: Quagliariello, Lupi, Di Girolamo e Lorenzin. Ma sono solo la punta dell’iceberg. Fabrizio Cicchitto, per esempio, è sconfortato. E anche Angelino Alfano sta facendo di tutto per riannodare i fili per tenere in vita il governo. Ieri il vicepremier ha incontrato Enrico Letta, assicurandogli di essere rimasto al di fuori dall’escalation delle ultime ore. Un precipitare di eventi dovuto a una furibonda litigata tra Verdini e Brunetta sulla Santanché, che ha portato il capogruppo a Montecitorio a farsi più realista del re in una gara di “falchitudine”. Perché non c’è solo il governo, ma anche la nomenklatura della nuova Forza Italia. «È partita una sorta di maratona talebana tra falchi vecchi e nuovi» spiega un senatore del centrodestra. «Una gara a chi è più falco per posizionarsi meglio nel nuovo partito. Ma tutto ciò ci sta danneggiando dal punto di vista politico ed elettorale. Dal territorio arrivano segnali inquietanti. La gente non ci capisce più». Insomma, se bisognava rompere, si doveva fare su un provvedimento concreto del governo e non sulla decadenza. Questo è il ragionamento che molti nel Pdl fanno in queste ore. «Sembra il sequel del dottor Stranamore: si è innescato il meccanismo per la guerra nucleare e nessuno ha i codici per fermare la bomba. Anzi no, l’unico che può stoppare il meccanismo che porta direttamente alle elezioni è Berlusconi» continua il senatore. Nelle stanze della nuova sede di Forza Italia gira anche questa voce. Ovvero che il Cav si sarebbe pentito di aver portato lo scontro a questo livello. Altre voci, invece, raccontano di un Berlusconi pronto ad andare fino in fondo e giocarsi il tutto per tutto. Con Napolitano. Col Pd. E con la magistratura. Nel frattempo, giusto per incendiare gli animi, arriva la manifestazione promossa per venerdì. Formalmente organizzata dal Pdl. L’idea, però, è della pitonessa. Nello stesso giorno in cui verrà convocata la giunta per le immunità, dove il Cavaliere è invitato a presentare, di persona o tramite gli avvocati, la sua difesa prima del voto. Poi la questione passerà all’Aula. La stessa Santanché sembra non abbia gradito di essere stata superata in radicalismo da Brunetta, considerato ormai una colomba. E qualcuno nella sede del partito ha riadattato il vecchio detto di Pietro Nenni: «Attento a fare il falco, perché poi arriva uno più falco di te…».