Pur di evitare il congresso il Pd spera nel tonfo di Letta

di Lapo Mazzei

E poi hanno il coraggio di dire che nel Pd non c’è un problema di dualismo fra Enrico Letta e Matteo Renzi. E sì, come no. Il sindaco di Firenze, tanto per dire, in un ottica congressista, è riuscito a fare nuovi proseliti anche Pisa, città natale del premier. E lo ha fatto pescandoli proprio nell’area politica del Partito che, fino ad ora, faceva riferimento a Letta. Insomma, nel bel mezzo dello scontro politico dell’anno, dal quale potrebbe uscire un quadro istituzionale ben diverso dall’attuale, Matteo insiste nel fare i dispetti a Enrico. Come se tutto il resto non li riguardasse. Eppure il presente e il futuro passano anche dalle loro mani. Il presidente del Consiglio, gettando alle ortiche quel tanto di democristianeria che lo ha fatto apparire una sorta di Sor tentenna, ha preso di petto la situazione ed è pronto a giocarsi tutti davanti alle Camere, come imposto da Re Giorgio Primo, dominus assoluto della partita. Non solo. Vista la situazione si è anche imbarcato in ina rovente polemica con in collega di partito, Roberto Giachetti, su chi avesse affossato il varo della riforma elettorale. Fratelli coltelli che fanno felice solo Beppe Grillo. Renzi, invece, non volendo scoprirsi troppo sul fianco sinistro, osserva e aspetta. “In tanti mi chiedono: Che pensi della crisi di governo? Spiacente, non partecipo al festival-teatrino delle dichiarazioni. Aspettiamo di sentire cosa dirà il premier Letta e di vedere cosa deciderà il Parlamento”, sostiene il rottamatore-tergiversatore, “nel frattempo l’unico modo per restituire un po’ di dignità alla politica è fare bene il proprio mestiere”. Che, nel caso di Renzi, non sai più bene quale sia esattamente. “La politica deve parlare meno e fare di più”. Detto da lui rischia di vincere il premio battuta dell’anno.

D’Alema
E allora per capire come stiano andando esattamente le cose all’interno del Pd bisogna girare lo sguardo da un’altra parte. Massimo D’Alema, per esempio, traccia un linea retta che potrà anche non essere vincente, però ha il dono della chiarezza. “In caso di elezioni molto ravvicinate, per esempio a febbraio-marzo, il Pd dovrebbe preoccuparsi di scegliere un candidato premier insieme ai suoi alleati più che un nuovo segretario”, sostiene il lider Maximo, parlando a Tgcom24, chiarendo che Letta potrebbe essere della partita. “Certo, nel Pd ci sono diverse personalità che potrebbero essere buoni candidati premier. Non mi limiterei neanche a questi due (Renzi e Letta, ndr), ci saranno le primarie”, sostiene l’ex presidente del Consiglio, “siamo un partito democratico, una coalizione, perché se andiamo alle elezioni dovremo lavorare per una coalizione ampia per dare una base forte di governabilità al Paese”. Sullo sfondo, poi, c’è il tema del congresso. “Dipende molto dai tempi del processo politico-elettorale. Chiaro che se si dovesse andare a votare a fine febbraio, inizio di marzo credo che a dicembre si dovrebbero fare le primarie per il candidato premier, bisognerebbe rivedere i calendari”. Più netto di così.

Epifani
Decisamente meno irruento e più pragmatico il segretario del partito, Guglielmo Epifani, costretto a modulare i toni dei suoi interventi a seconda dei segnali che lancia Silvio Berlusconi. “E’ inutile fare previsioni perché non sappiamo come finisce tutta la questione. Ci sono ancora 48 ore, vediamo”, sostiene l’ex sindacalista, mostrando un fatalismo un po’ di maniera, come se i conti della serva – ovvero la caccia ai voti necessari per ottenere la fiducia. Anche perché la stessa opzione di Letta bis resta un’ipotesi. “No, allo stato non è probabile nulla”, aggiunge Epifani, “ perché non sappiamo che cosa succederà. Sappiamo solo che mercoledì mattina ci sarà l’intervento del presidente del Consiglio al Senato, lì si capirà bene che cosa succede”.