Renzi l’Europeo alla prova di tedesco

Di Angela Mauro per Huffington Post

Segretario del Pd, premier, statista internazionale. Se la crescita italiana ed europea è ancora un punto interrogativo, di certo chi è cresciuto negli ultimi mesi è Matteo Renzi. Domani il premier parlerà davanti all’assemblea dell’Europarlamento di Strasburgo per dare il via alla presidenza italiana del prossimo semestre Ue. Terrà il “discorso del re”, azzarda con una battuta qualcuno dei suoi. La stampa internazionale, persino quella cinese e russa, si interroga sul nuovo leader: basta fare un giro nella sezione notizie di google.com. Le Figaro parla di “Renzimania”, roba che avrebbe mietuto anche vittime o mezzi-vittime eccellenti come Angela Merkel, sempre secondo l’analisi del quotidiano francese. Insomma, il ‘fenomeno Matteo’ desta curiosità. Quello che sarà, lo si vedrà nei prossimi mesi. Di certo, il passaggio di domani al Parlamento Ue segna l’inizio della terza fase per il presidente del Consiglio italiano. Sarà statista?

Lui ce la sta mettendo tutta per acquisire quello standing internazionale che solo qualche mese fa si limitava a sognare. Ora è a portata di mano. Dal voto europeo in poi Renzi ha triplicato i suoi impegni internazionali. Un po’ per forza di cose, per partecipare da premier ai vari vertici europei su linee programmatiche e nomine Ue, ma anche con tanta voglia di protagonismo. Italiano e anche personale. Alla ricerca di un cambio, quasi di una rivincita per la posizione dell’Italia nei confronti del resto d’Europa, soprattutto dei paesi che contano, come la Germania. Ma anche alla ricerca di un riconoscimento di leadership personale, dall’alto del 40 per cento del Pd renziano alle europee, risultato vertiginoso per tutti gli altri partiti europei. Italia non ultima della fila, insomma, come ripete spesso il premier. Ma anche Italia come paese rappresentata da un leader che non ci sta a guidare coalizioni dei paesi in difficoltà, un leader che si mantiene a debita distanza da un Francois Hollande indebolito dal voto europeo, un leader che non va “col cappello in mano”, come dice lui. E che, anzi, è interessato a stabilire un rapporto insieme di sfida e di stima con la più potente d’Europa: Angela Merkel.

Il leader che cresce a vista d’occhio imposterà il discorso di oggi sull’Europa della crescita. Perché “non c’è stabilità senza crescita”, come ama ripetere sempre. Ma anche perché di crescita non si vedono i segnali, non ancora. Ed è questo il problema principale di quella Unione Europea che il presidente di turno Renzi vorrebbe sempre più strutturata come ‘Stati Uniti d’Europa”. Quello di domani però non sarà il discorso della sfida italiana. Sarà il discorso della sfida comune. Il discorso del presidente che rappresenta tutti perché solo se tutti si riconoscono nelle sue parole il leader conquista lo standing internazionale ricercato o almeno ne pone le basi.

Ma mentre lavora al discorso di oggi, che richiamerà ai doveri comuni dell’Europa nella gestione dei flussi migratori e che insisterà su un cambio di passo nell’interpretazione dei trattati a favore di una maggiore flessibilità (come del resto ha deciso il Consiglio europeo venerdì scorso), mentre pensa a organizzare a puntino la visita a Strasburgo, Renzi non lascia il paese senza preparare le prossime tappe del cammino sulle riforme. Il premier scrive ai grillini che vorrebbero incontrarlo di nuovo giovedì sulla legge elettorale. Scrive in tono franco e amichevole, firmando la missiva solo con il nome, insieme a “Debora, Alessandra, Roberto”, vale a dire Serracchiani, Moretti e Speranza: la delegazione Pd che era con Renzi nell’incontro in streaming con il M5s. Scrive per ribadire tutti i punti di quell’incontro. Primo su tutti, il doppio turno: “Siete disponibili a prevedere un ballottaggio, così da avere sempre la certezza di un vincitore? Noi sì”. Ma Renzi torna a solleticare il dialogo con il M5s anche per continuare la sua tattica dei ‘due forni’: da una parte, il corteggiamento ai grillini che, dall’altra parte, ha l’effetto di mettere pressione su Forza Italia affinché chiarisca le proprie intenzioni sulle riforme. Ma nella lettera per il M5s c’è dell’altro: che sa di Ue.

Il premier ha fatto solo un accenno, dichiarandosi disponibile a collaborare con i cinque stelle anche sui temi europei. “Avete molti parlamentari europei, ad esempio: sarebbe bello riuscire a dimostrare all’Europa che tragiche vicende come quelle che si verificano nel Mediterraneo debbono essere affrontate tutti insieme. Si può voltare le spalle all’Inno, non si può voltare le spalle ai problemi”, scrive Renzi. Il riferimento è all’atteggiamento degli eurodeputati dell’Ukip di Nigel Farage che oggi hanno voltato le spalle all’inno europeo nella seduta che ha rieletto Martin Schulz alla presidenza del Parlamento europeo (dopo, il gruppo del Pse ha eletto il suo primo presidente italiano: Gianni Pittella, con 167 voti su 174). Farage è formalmente alleato di Beppe Grillo. Eppure, gli eurodeputati a cinquestelle non hanno adottato lo stesso comportamento degli inglesi: loro le spalle non le hanno voltate. La cosa non è passata inosservata al Nazareno, dove certo si interrogano su cosa si inventeranno gli europarlamentari dell’Ukip durante il discorso di Renzi. Ma l’ambizioso statista mette nel conto proteste o contestazioni. Senza distrarsi dall’obiettivo principale: colpire al cuore i referenti internazionali e conquistarsi il riconoscimento cui tiene. Poi a casa, a fare le riforme. Senza quelle, Renzi lo sa, la curiosità internazionale si trasforma in giudizio. Negativo.