Rinegoziare il maxi debito. L’ultima carta di Alitalia

di Sergio Patti

Che arrivi o meno il cavaliere bianco, Alitalia per salvarsi dovrà anche abbattere il gigantesco debito che si porta in pancia. Una ristrutturazione che fa il paio con il piano di esuberi che dovrebbe riguardare 2.500 unità. Mentre resta l’incertezza sull’aumento di capitale (Air France si è già sfilata e le Poste devono portare la loro adesione in assemblea) si comincia a parlare pure dei tagli per i creditori. Una nuova tegola che rischia di cadere in testa ad Adr, la società controllata dai Benetton che gestisce gli aeroporti di Roma. La somma in ballo è consistente. Ad oggi Alitalia deve ad Adr 101 milioni (circa un sesto del volume d’affari annuale della società aeroportuale). Di sforbiciare però non se ne parla. “Non ce n’è assolutamente la possibilità”, ha messo in guardia ieri il presidente di Adr, Fabrizio Palenzona, secondo cui ci mancherebbe che Fiumicino “si metta a fare sconti”. Nella doppia veste di azionista forte di una delle banche coinvolte nel salvataggio di Alitalia, l’Unicredit, lo stesso Palenzona ha ribadito che la vicenda è di competenza dell’ad Ghizzoni. Pero, ha aggiunto, “gli istituti di credito in questo momento di crisi purtroppo fanno molta ristrutturazione. E quando c’è un buon progetto le banche fanno la loro parte”.

Intesa guarda oltre Europa
Il problema è che il progetto non si vede, sullo stesso ingresso di Poste nell’azionariato pendono i ricorsi in arrivo contro un presunto aiuto di Stato e i possibili partner esteri non stanno facendo a botte per investire in Alitalia. Se qualcosa si muove, però, si muove molto lontano dall’Italia. Tanto che ieri il presidente del Consiglio di gestione di Banca Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro ha spiegato che l’ipotesi di un vettore non europeo come partner per Alitalia potrebbe aprire importanti opportunità per entrambe le compagnie. Soprattutto per chi investe, perché il gruppo italiano porterebbe in dote la capacità di penetrare sul mercato Europe. Opportunità che he però un rovescio della medaglia. Per gestire determinate rotte serve infatti che l’operatore abbia la qualifica di vettore europeo. Qualifica che Alitalia perderebbe in caso di cessione della maggioranza delle sue azioni a un partner extracomunitario.

Movimenti al salone di Dubai
Su questo fronte, più che in Cina e in Russia, il nostro governo sta guardando verso il Medio Oriente. Sotto i riflettori in particolare la compagnia di Abu Dhabi, Etihad. Un colosso già presente in Europa con la tedesca Air Berlin e appena entrata con il 33,3% nel capitale della svizzera Darwin Airline, con l’obiettivo di collegare i mercati europei secondari ai principali network in cui è attiva la compagnia araba. Ethiad in passato aveva manifestato interesse per Alitalia. Anche per questo sia dal nostro governo che dal management di Alitalia sarebbero stati inviati a Dubai gli sherpa incaricati di approfondire la possibilità di un’intesa.

Commesse milionarie
Nel mercato dei cieli, sempre più costosi e competitivi, gli arabi sono dunque i nuovi padroni. Basti pensare al super ordine da cento miliardi di dollari annunciato al salone aeronautico di Dubai – dov’è presente in questi giorni anche l’italiana Finmeccanica – lancia Emitares, Etihad e Qatar Airways sul podio delle più grandi commesse mai assegnate al mondo. Più di duecento aerei acquistati, per un investimento di oltre cento milioni di dollari, prenotati all’europea Airbus e alla statunitense Boeing. Affari anche per Atr, produttore partecipato da Alenia Aermacchi (gruppo Finmeccania), che ha venduto due Atr-600s alla compagnia privata dell’Arabia saudita, Alpha Star Aviation Service. E non è finita qui. Alenia Aermacchi ha firmato un accordo con l’Aeronautica Militare per lo sviluppo, sperimentazione, certificazione, industrializzazione e supporto logistico di un velivolo per il supporto delle missioni del Comando Operativo Forze Speciali (Cofs) denominato Mc-27J Praetorian.

E il piano degli esuberi sale a 2.600 lavoratori

Un piano esuberi a cui si sta lavorando sotto traccia e che tutto compreso dovrebbe coinvolgere circa 2.500 lavoratori. Sono queste le cifre su cui stanno lavorando i vertici dell’Alitalia, secondo indiscrezioni filatrate ieri da ambienti sindacali, per cercare di correggere i conti a dir poco scricchiolanti della compagnia di bandiera. Il contesto è quello del piano industriale a cui sta lavorando l’amministratore delegato della compagnia, Gabriele del Torchio, il quale avrebbe messo nel mirino fra le 2.500 e le 2.600 persone suddivise fra 1.300 contratti a tempo determinato e il resto fra piloti, stewart e personale di terra con contratto a tempo indeterminato. In particolare «i numeri del piano industriale parlano di 2.500-2.600 persone in esubero: 1.300 sono i contratti a termine. Per il resto si tratta di 220 piloti, 400 stewart e 600-700 dipendenti fra il personale di terra», hanno riferito le stesse fonti sindacali. Ad ogni modo martedì 19 l’Alitalia dovrebbe convocare le organizzazioni sindacali per un confronto entro la settimana nel corso del quale verrà illustrato il piano e inizierà la discussione su come affrontare il problema occupazionale. Nel frattempo domani, 20 novembre, è convocato il tavolo ministeriale sul trasporto aereo dove saranno presenti le associazioni di tutti i protagonisti del settore aereo: le compagnie aeree (Assaereo), gli aeroporti (Assoaeroporti), i sindacati, l’Enac e l’Enav. Con l’occasione, molto probabilmente non si potrà non discutere anche del futuro dell’Alitalia e, in quella sede, potrebbe già uscire una comunicazione ufficiale del personale in esubero dell’Alitalia-Cai.
La situazione di bilancio della compagnia di bandiera è a dir poco traballante. Alitalia ha infatti archiviato il primo semestre del 2013 con una perdita di 294 milioni di euro, quasi 200 in più rispetto allo stesso periodo del 2012. E questo dimostra una volta di più, se per caso ce ne fosse ancora bisogno, quanto sia stata fallimentare l’avventura dei capitani coraggiosi chiamati in campo nel 2008 dall’allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Il tutto sotto la regia dell’allora amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, inventore del piano Fenice.