Ripresa? Per l’economista Mario Baldassarri stiamo solo vedendo il fondo del pozzo

di Massimiliano Lenzi

«Siamo ad un passo dal punto di svolta inferiore, il fondo del pozzo. Stiamo quasi raggiungendo il fondo, visto che eravamo sprofondati sotto e forse ricominceremo a risalire». Quando gli chiediamo se è d’accordo con le parole di ottimismo pronunciate ieri dal premier Enrico Letta, l’economista Mario Baldassarri, presidente del Centro Studi Economia Reale spiega che «bisogna anzitutto dire cosa è la crisi». Per farlo occorre usare i numeri: «Siamo arrivati al -8% di Pil rispetto al 2007 e quanto a disoccupati, rispetto a sei anni fa, siamo passati da un milione e mezzo ad oltre tre milioni».
Il premier si sbaglia?
«Quello che dice è corretto, stiamo vedendo una ripresa. Cioè stiamo vedendo il fondo del pozzo. Ma la vera domanda è: con questa ripresa, che sarà nel 2014 lenta, quando usciremo dal pozzo? Quando torneremo ai redditi ed ai valori del 2007?».
Secondo lei quando?
«Nel 2022 in termini di Pil pro-capite e nel 2023 in termini di disoccupati. Una stima che si ottiene compendiando le previsioni econometriche ad ora disponibili tra l’Italia, l’Europa ed il mondo».
E il Governo cosa dovrebbe fare?
«Non esiste una bacchetta magica per anticipare di tre o quattro anni l’uscita dal pozzo ma deve esserci un percorso concreto e stabilito che dia dei punti di riforma. La verifica di tutto questo sarà la legge di stabilità a settembre, quando il governo dovrà approvare riforme strutturali. Tre i punti fondamentali: tagli alla spesa pubblica corrente, taglio delle tasse e maggiori investimenti».
Entriamo nel dettaglio.
«Ad esempio si tratta di dismettere circa 400 miliardi di euro di asset non strategici oggi in capo allo Stato, alle Regioni e agli Enti locali».
E poi?
«Riforme strutturali sul conto economico, con due ‘scambi politici’ sul fronte spesa/tasse e una proposta di concreta lotta all’evasione: ridurre gli sprechi e tagliare la spesa per acquisti di beni e servizi a fronte di una diminuzione delle tasse alle famiglie; ridurre e trasformare tutti i fondi perduti in crediti d’imposta alle imprese. Infine introdurre un conflitto d’interesse fiscale come concreta lotta all’evasione».
Un esempio?
«La possibilità data alle famiglie di dedurre dal reddito imponibile ai fini Irpef le spese per la casa, la famiglia e la cura dei figli e degli anziani».