Roma massacrata da decenni. Tutta la Verità di Alemanno. Caste e poteri: ecco chi frena da sempre la Capitale. In un libro l’ex sindaco rivela perché la città è in ginocchio

C’è il sistema di potere creato dalla Sinistra, ma anche la fuga del Centrodestra dalle sue responsabilità nel libro “Verità Capitale, caste e segreti di Roma” (editore Koinè, 196 pagine, 15 euro) pubblicato dall’ex sindaco Gianni Alemanno. Un libro senza alibi e scuse per nessuno, tanto meno per l’autore, che ammette alcuni errori fatti nella sua esperienza in Campidoglio e traccia un’analisi dei mali di Roma. Qui di seguito pubblichiamo uno stralcio del secondo capitolo, dedicato al tema della corruzione.

Dietro l’inchiesta di Mafia Capitale, prima durante e dopo questo grande evento mediatico, emerge incontestabilmente un sottofondo di relazioni corruttive che sembrano toccare tutti gli aspetti della vita amministrativa e politica di Roma. Il vecchio titolo dell’Espresso “Capitale corrotta, nazione infetta” diventa il sigillo di questa constatazione, corredata dai libelli di Sergio Rizzo e di altri giornalisti specializzati in scandalismo politico.
Una prima messa a punto va fatta proprio su questa idea di vedere nella capitale l’epicentro di questo fenomeno, al punto da imputare proprio alla “Capitale corrotta” la responsabilità dell’infezione del resto della Nazione. Basta una sommaria valutazione delle cifre in gioco per rendersi conto che questa idea è sicuramente condizionata da quel pregiudizio antiromano che ispira i centri di informazione dominanti. Mentre Mafia Capitale, nel suo complesso e dando per accertate tutte le ipotesi di reato avanzate nell’inchiesta, tocca 50 milioni di euro di appalti e di erogazioni di denaro pubblico (considerato che il bilancio annuale del comune di Roma supera i 5 miliardi di euro, siamo di fronte all’1% di tutto il bilancio comunale), le cose vanno ben diversamente se si considerano grandi scandali come quello dell’Expo di Milano e del Mose di Venezia. La regione Lombardia, dal canto suo, è stata periodicamente colpita da inchieste della procura di Milano che hanno portato all’arresto prima del Vicepresidente della giunta regionale, Mario Mantovani, e poi del vicepresidente del Consiglio, Fabio Rizzi.
In realtà il fenomeno della corruzione è un male diffuso in tutta la nostra penisola che, nonostante gli sforzi del presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, si posiziona sempre tra i primi posti delle classifiche internazionali su fenomeni criminali riguardanti la pubblica amministrazione. Dapprima è stata attribuita principalmente alla classe politica, attraverso l’ormai storico libro “La Casta” di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, successivamente, in particolare a Roma, è emerso che insieme alla corruzione politica esiste, ancora più radicata e diffusa, la corruzione dei funzionari e dirigenti amministrativi e più in generale del pubblico impiego.
Ormai è diventata una moda quella di giudicare la corruzione come il più grave problema dell’Italia, al punto da denunciarla come una delle principali cause della nostra crisi economica e sociale. Se mancano i soldi per gli investimenti, per il welfare e per i servizi pubblici, la colpa non è dell’Euro, non è dei parametri europei, non è delle dinamiche perverse della globalizzazione, la colpa è innanzitutto se non unicamente della corrruzione (con tre R). L’obiettivo in termini di comunicazione politica e propaganda mass-mediale è evidente: la corruzione diventa l’alibi per assolvere l’improbabile sistema economico-finanziario in cui siamo immersi. Di fronte alla rabbia crescente della gente che sente aumentare l’impoverimento, diminuire le occasioni di lavoro e diradarsi ogni investimento anche di semplice manutenzione, il Sistema si difende mettendo sotto accusa i politici e l’apparato pubblico. Non stupisca che parlando di Sistema teniamo fuori Politica e Stato: il cuore del potere oggi non è nei classici decisori politici ma si nasconde nelle pieghe di un sistema finanziario sempre più internazionalizzato e sempre più fuori controllo. Per dirla in altri termini: si vuole che faccia più scandalo un politico che ruba 100 mila euro, di un manager di una multinazionale che intasca alcune decine di milioni di stock option dopo aver chiuso degli impianti industriali e aver licenziato centinaia di lavoratori.
Più in generale la denuncia della corruzione è, almeno da Tangentopoli in poi, lo strumento per delegittimare la Politica e l’apparato pubblico, di fronte al crescente predominio degli interessi privati, della finanza e della concentrazione internazionale di ricchezza. Il risultato ultimo è una delegittimazione della Democrazia di fronte ai meccanismi “automatici” e internazionali del Mercato. Lo ripeteva sempre Giano Accame: “i mercati internazionali sono i grandi elettori che votano ogni giorno”.
Ma se tutto questo è vero e va denunciato con coraggio, come sta facendo ad esempio uno dei principali professori no-euro italiani, Alberto Bagnai, ciò non toglie che la corruzione è un cancro che va combattuto con decisione. Ma per trovare i rimedi bisogna comprendere le cause che sono di carattere sistemico e non semplicemente moralistico…

NO ALL’ANTIPOLITICA
Se non vogliamo fermarci alla repressione, è necessario rigenerare la Politica, respingendo le tentazioni dell’antipolitica, modello Movimento 5 Stelle. Non è giocando con le “comunarie” sul web che si evita la creazione di una casta politica, né è pensabile mantenere tutto un movimento in condizioni di assoluta subordinazione di fronte a capi onnipotenti come Grillo e Casaleggio. Questi strumenti funzionano allo “stato nascente” dei movimenti politici, poi si decompongono con effetti peggiori dei partiti classici. Anche Umberto Bossi negli anni ’90 teneva i parlamentari della Lega nella condizione di soldatini dentro una caserma, poi tutto è finito con i diamanti di Belsito e le “paghette del Trota”. Accetto scommesse che tra qualche anno anche i pentastellati faranno la stessa fine.