Rottamare il rottamatore. I vecchi compagni si giocano tutto. Tornano i leader storici, con la memoria corta

di Stefano Iannaccone

A volte ritornano. Ammesso che fossero mai andati via. I compagni di un tempo, rottamati dalle loro storie più che da Matteo Renzi, sono tornati sulla scena. A fare i “restauratori”, o almeno a provarci, sull’onda di primarie falsate, a Genova lo scorso anno e a Napoli qualche giorno fa. Spostando indietro le lancette della politica. E dimenticando quando sono stati loro – appena ascesi a ruoli di potere – a subire accuse di derive destrorse. La sorte è toccata sia all’ex sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, che all’ex presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino. Alle spalle si staglia la figura dell’ex presidente del Consiglio, Massimo D’Alema. Un “tris d’assi” che ha sempre mal digerito la scalata del “giovanotto”, come il Lider Maximo della sinistra italiana definì Renzi qualche anno fa. Accusandolo di aver spostato il partito destra.

C’ERA UNA VOLTA – Che dire di Cofferati attaccato per la campagna da sceriffo della legalità contro i lavavetri? Nel 2005 da sindaco di Bologna faceva ricorso a parole che potrebbero essere di Renzi: “Se un palazzo crolla non c’è tempo per concertare, bisogna solo intervenire”. E la sua Amministrazione fu bersagliata dagli attacchi della sinistra, perché si muoveva come un “uomo del fare”. Diversa, ma con sfumature simili, la vicenda di Bassolino. Negli anni di presidenza alla Regione Campania è stato criticato per la gestione del potere molto, troppo, pragmatica, compresi i rapporti con gli apparati economici. E con l’onta dell’immondizia che invadeva Napoli. Comunque, a onor del vero è uscito a testa alta dal processo sulla gestione rifiuti. Infine c’è Massimo D’Alema, che era stato accusato dal padre dell’Antitrust, Guido Rossi, di aver reso – con la privatizzazione di Telecom – Palazzo Chigi “l’unica merchant bank dove non si parla inglese”. Ha poi cercato il dialogo con l’avversario Silvio Berlusconi, subendo da sinistra gli attacchi che ora lui rivolge a Renzi. Anche se il Lider Maximo cerca di rigirare la frittata: “Se invece di trattare con Berlusconi in Parlamento, alla luce del sole, mi fossi visto con Verdini da una parte, forse avrei avuto più consenso”.

OBIETTIVO SINISTRA – Le tre vecchie glorie (ex) comuniste devono superare più di qualche ruggine personale. Ma il collante antirenziano è forte. E in ottica di un futuro partito vanterebbeto anche l radicamento territoriale. A sud con l’ex sindaco di Napoli e al nord con l’ex leader della Cgil: il tutto con la regia dei pezzi di potere romano che il dalemismo riesce ad attrarre. Il sogno è di sfilare la segreteria ai renziani e per riuscirci stanno lavorando alla sconfitta dem alle Amministrative: a Napoli con le liste civiche guidate da Bassolino, a Roma con il probabile impegno del dalemiano Massimo Bray, e a Milano con un piano B tuttora al vaglio dopo il “no” di Gherardo Colombo. La debacle di Renzi sarebbe il trampolino di lancio per un nuovo/vecchio centrosinistra. O male che vada il viatico per l’ennesima scissione. Un Pds degli anni Duemila. “Nessuno può escludere che, alla fine, qualcuno riesca a trasformare questo malessere in un nuovo partito”, ha ammesso D’Alema. Così, a questo punto, entrerebbe in scena Pier Luigi Bersani a completare il poker d’assi ex comunista.