Scissione all’ultimo atto, adesso il Pd deve solo chiudere il teatrino. E la minoranza non va in direzione

Aspettando la scissione del Pd. Più che una cronaca politica, è diventato il titolo di un’opera teatrale, che vede il pubblico sempre più annoiato

Aspettando la scissione del Pd. Più che una cronaca politica, è diventato il titolo di un’opera teatrale. Che, tra l’altro, vede il pubblico sempre più annoiato. L’Armageddon ha subito l’ennesimo rinvio. E nei fatti nulla è cambiato: Matteo Renzi vuole il congresso a partire dai prossimi giorni con le primarie organizzate per il 7 maggio o, al massimo, per il 14. L’attenzione è quindi tornata alla direzione nazionale, che dovrà segnare l’ultimo atto della scissione: Matteo Orfini proporrà i nomi per la commissione congressuale. Un passaggio in apparenza burocratico, ma senza l’annuncio di una candidatura  della minoranza dem al congresso, ci sarebbe la formale uscita dal partito.

Speranze – Le ore precedenti all’incontro nella sede di Largo del Nazareno sono state tutte incentrate sugli appelli, lanciati dai mediatori, alla ragionevolezza per evitare la spaccatura, nonostante il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, abbia scandito: “Io non voglio stare nel partito di Renzi, perché ha alzato un muro. Questo è il punto”. E i bersaniani hanno confermato l’assenza alla direzione. Tuttavia, il deputato renziano, Dario Parrini, ha annotato un altro aspetto: “Il fatto che Emiliano e Rossi abbiano cambiato più volte idea nell’arco della stessa giornata, ci fa essere speranzosi che possano cambiarla ancora”. A cercare un filo di dialogo c’è il capogruppo alla Camera, Ettore Rosato: “Qualsiasi parlamentare o dirigente del nostro partito vada via a noi dispiace. Tutto quello che si può fare perché ciò non avvenga lo abbiamo fatto e continueremo a farlo”. Insomma i fedelissimi del segretario coltivano un po’ di fiducia sulla possibilità di tenere dentro gran parte della sinistra, dando invece per scontato l’addio di Pier Luigi Bersani e di Roberto Speranza, intenzionati a seguire Massimo D’Alema, ormai già fuori dal partito. Ma anche un altro duro e puro anti-renziano, come il deputato Francesco Boccia ha aperto alla ricuciturao: “A Renzi chiediamo una risposta sulle questioni poste ieri in Assemblea, non sui giornali attraverso indiscrezioni”.

Nuovi assi – E in tutto questo caos anche le correnti si rimescolano con l’avvicinamento dei deputati Gianni Cuperlo e Cesare Damiano al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, per formare una nuova area interna al Pd. Eppure fino a qualche giorno fa erano su posizioni differenti. Il dato più rilevante è la fine ufficiale del rapporto tra il Guardagilli e Orfini, da tempo alla guida dei Giovani Turchi. L’obiettivo è quello di costruire un campo alternativo a Renzi nel perimetro del Pd, individuando un candidando alle primarie. Probabile che sia Damiano a scendere in campo, visto che Cuperlo ha già corso per la segreteria subendo un sconfitta e Orlando, in questa fase, non ha alcun interesse a competere in una gara con un vincitore annunciato. Nel suo orizzonte c’è l’intenzione di raccogliere la futura eredità di Renzi, non quella di andare incontro a una debacle. Salvo ulteriori ripensamenti che nel Pd degli ultimi giorni sono diventati la normalità.