Scoop da ridere sui Cinque Stelle. Dopo Di Maio tocca a Di Battista. Il Giornale: l’azienda dell’ex deputato è in rosso. Ma da Nuoro a Bologna è un fuoco di fila sui grillini

L'informazione e "il caso" Di Battista

Quando a leggere i giornali saremo rimasti quattro gatti forse capiremo tutti il danno fatto da chi ha ridotto il giornalismo in becero scontro politico proseguito però con altri mezzi. La correttezza dell’informazione, la lealtà verso i lettori e le parti coinvolte nelle vicende trattate hanno ceduto il passo un po’ dovunque alla faziosità dei partiti, creando mostri dove non ce n’erano e di conseguenza demolendo la credibilità di una professione il cui unico patrimonio sta nell’essere seria ed affidabile.

Nessuno si meravigli, dunque, se sempre meno persone vanno in edicola e c’è diffidenza anche sulle notizie online. Purtroppo la principale caratteristica dei giornali – che è quella di descrivere fatti e proporre analisi mettendoci la faccia – si è piegata alla logica dei dossieraggi con cui in questo Paese si è sempre provato a ricattare chi ha potere e dà fastidio, secondo una tradizione per cui tutti abbiamo qualche scheletro nell’armadio.

L’esempio più evidente di questa moda l’abbiamo appena visto con lo scoop degli abusi edilizi fatti dal padre di Luigi Di Maio, nel cui modesto terreno di campagna hanno trovato una carriola e quattro calcinacci sottaciuti ai registri demaniali. Tanto è bastato per mettere il padre e il figlio vicepremier nello stesso sacco dei grandi costruttori che hanno deturpato il Paese in lungo e largo, mentre già si proponeva il ripristino della pena di morte per far pagare al leader M5S l’onta di un paio di dipendenti pagati per qualche tempo senza assistenza e contributi.

Non che questo non sia un fatto grave, ma le anime belle che hanno crocifisso il Di Maio senior (pure confesso) sanno bene che al Sud una tale situazione non è certo una rarità. Fallito il bersaglio, anche perché emergeva parallelamente una storia analoga se non peggiore nelle attività private della famiglia Renzi, ecco che è subito ripartita la caccia, questa volta puntando a un altro dei personaggi più in vista del Movimento: Alessandro Di Battista. Così sul Giornale controllato dalla famiglia Berlusconi abbiamo letto che l’ex deputato proprio in queste ore di ritorno dal Guatemala è azionista di una società del padre che ha circa 400mila euro di debiti tra dipendenti, esposizioni bancarie, fiscali e previdenziali.

Ora, oltre a biasimare i babbi dei leader M5S, a nessuno dei quali hanno trovato comunque yacht e conti in Svizzera, gli autori di quest’ultima sensazionale scoperta devono aver perso di vista che la quasi totalità delle piccole imprese italiane è in difficoltà, e per non chiudere baracca e burattini sta resistendo a costo di sacrifici ed esposizioni personali degli azionisti, nei casi di Di Maio e Di Battista peraltro noti e pienamente responsabili di quanto dovuto ai creditori.

Dunque anche l’ultimo presunto scoop non è altro che un tentativo di mettere in cattiva luce un personaggio pubblico, a costo di rasentare il senso del ridicolo. Una moda, dicevamo, che solo ieri ha visto sfilare anche due deputate – guarda che coincidenza! – entrambe dei Cinque Stelle. La prima è stata Mara Lapia, che si sarebbe inventata un’aggressione notturna a Nuoro, anche se purtroppo per lei la frattura alle costole riscontrata dai medici di sicuro non è inventata.

Ma è spostandosi dalla Sardegna all’Emilia Romagna che si arriva al grottesco, con l’emergere della vicenda di Felicia Gaudiano, semisconosciuta parlamentare di prima nomina che ha ereditato una casa sulla quale gravano 45mila euro di bollette del condominio arretrate. La deputata ha chiesto una rateizzazione, perché sapete com’è: non tutti si ritrovano 45mila euro sul conto, e il condominio ha accettato. In un Paese normale questa storia non meriterebbe dieci righe in cronaca locale, ma ieri era invece la terza notizia nazionale del Corriere della Sera web.

Intervenendo nell’interessante trasmissione di Andrea Pancani su La7, Coffee Break, sempre ieri sono stato contestato da una giornalista del Dubbio, secondo cui sono stati i grillini per primi a utilizzare un certo tipo di giornalismo diffamatorio, e quindi adesso chi la fa l’aspetti. Affermazione non corretta, perché dalla vicenda Lockheed che costò ingiustamente la poltrona al Presidente della Repubblica Giovanni Leone in poi (giusto per restare nella nostra Repubblica) di dossier e inchieste sbagliate ne abbiamo viste a volontà. Certo, è possibile che la giornalista del Dubbio si riferisse anche ad altro, come le inchieste sulla casa di Fini a Montecarlo o il caso Consip che lambisce il Giglio magico di Renzi, in questo caso però confondendo tragicamente i dossieraggi e finti scoop con le inchieste vere.