Senza memoria non c’è futuro. Iniziativa di Banca Intesa per far riscoprire la storia. Visto che i giovani non leggono si punterà sul web

Banca Intesa Sanpaolo ha promosso il convegno “La Storia pubblica. Memoria, fonti audiovisive e archivi digitali”

Non è certo tra le materie più amate. Ricordarsi tutte quelle date, le guerre, i nomi dei vincitori e dei vinti. Diciamoci la verità, la storia è in incubo per gli studenti. Negli ultimi dieci anni, infatti, solo il 3 per cento dei ragazzi l’ha scelta come prova alla maturità, così pochi che il ministero dell’Istruzione Marco Bussetti l’ha definitivamente eliminata dall’esame. Eppure “storia magistra vitae” dicevano i latini. Ed è proprio vero. Forse sapere questa materia non sarà utile a trovare lavoro, ma per imparare a stare al mondo sì, perché la storia siamo noi, il passato su cui si è costruito il presente e che serve da esperienza per il futuro.

E per far riscoprire questo passato, anche con il ruolo dei media che oggi abbiamo a disposizione, che Banca Intesa Sanpaolo, nella cornice milanese delle Gallerie d’Italia, ha organizzato il convegno “La Storia pubblica. Memoria, fonti audiovisive e archivi digitali”, un focus con storici, giornalisti e accademici sulla storia, con la S maiuscola, e sul ruolo che i nuovi mezzi di comunicazione di massa hanno nel custodirla, nel raccontarla e nel diffonderla. “Siamo convinti che il ruolo di un’istituzione bancaria di rilevanza nazionale sia quello di concorrere alla crescita economica del Paese, ma anche alla sua crescita culturale e civile”, ha spiegato Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, ricordando che senza memoria del passato e dei momenti fondativi non si regge nessuna società.

Bazoli ha parlato anche del nuovo esame di maturità da cui è stata eliminata la traccia di storia, ricordando che Norberto Bobbio la metteva a fondamento di una cultura. Una scelta infantile quella di eliminarla anche per Aldo Grasso direttore scientifico di Certa (Centro di Ricerca sulla Televisione e l’Audiovisivo), per cui il corso di storia a scuola andrebbe ripensato e reso più vivo utilizzando proprio i mezzi audiovisivi. Al convegno è intervenuto anche Jérome Bourdon, professore della Tel Aviv University, uno tra i massimi esperti di nuovi media, secondo cui si devono studiare i new media come collettori di ricordi e non solo educare le persone a navigare su internet con senso critico, ma anche formare nuove professionalità che si possono utilizzare al meglio.

Nell’era della convergenza digitale, la public history non sembra essere più soltanto destinata ai classici luoghi della divulgazione come musei e biblioteche, o ai tradizionali mezzi di comunicazione di massa, ma si serve di uno spettro sempre più ampio di nuovi media (il web, i social network, i videogiochi, la realtà virtuale), fino a qualche anno fa inimmaginabili, che forniscono al pubblico, un archivio di immagini e fonti storiche infinite.