Sgarbi a Berlusconi: meglio farsi i domiciliari

di Vittorio Pezzuto

Proprio mentre Berlusconi invoca il diritto all’agibilità politica, chiediamo a Vittorio Sgarbi se paradossalmente gli arresti domiciliari non potrebbero scatenare in suo favore una massa di consensi inaspettati. «Sono convinto – ci risponde – che gli arresti domiciliari sarebbero la soluzione più corrispondente a una visione equa di un giudice. Berlusconi potrebbe espiare la sua pena sotto forma di servizi sociali a disposizione della comunità ma contemporaneamente lo Stato dovrebbe assicurargli un’adeguata protezione – sotto forma di scorta – dal rischio di una frizione col mondo esterno che potrebbe essere per lui pericolosa. Assistiamo così a una controspinta: Berlusconi si troverebbe in pericolo proprio mentre sta prestando un servizio di pubblica utilità. E nessun giudice potrebbe impedire un ipotetico attentato alla sua vita. Una responsabilità che credo non vorranno assumersi. Non resta quindi che affidarlo a una scorta amica. Aggiungerei un’altra considerazione».
Quale?
«Il suo medico personale Zangrillo potrebbe validamente sostenere che un paziente così anziano subirebbe scompensi rilevanti dal rapporto obbligatorio con la sua assistente psicologa. A un uomo che da sempre si crede il Redentore, il tentativo forzato di redenzione non potrebbe che creare frustrazione».
Addirittura?
«Certo, con l’affidamento ai servizi sociali gli verrebbe imposta una sorta di pentimento che lui per primo sa di non poter esprimere. Comunque in quel caso assisteremmo a un capolavoro. Berlusconi sarebbe infatti costretto a fare l’unica cosa che gli riesce davvero bene: incontrando ultraottantenni si sentirebbe giovane come Tony Renis, racconterebbe barzellette e si metterebbe a cantare con Apicella di fronte a un pubblico incredulo e lusingato per un’attenzione del genere».
Sembra che si sia impegnato a non attaccare più i magistrati nel caso in cui la scelta sia appunto per i servizi sociali. Ma allora è vero che la sua battaglia per la giustizia si esaurisce nel suo caso personale?
«Le cose non stanno esattamente così. Vede, nel momento in cui sei un paziente condannato non hai alcun diritto a ribellarti alla sentenza che ti è stata comminata. Puoi farlo come politico, ma in quel caso ti ritrovi ancora una volta in conflitto di interesse. D’altra parte l’affidamento ai servizi sociali ti impone un percorso di riabilitazione, restituendoti alla collettività pulito ma convinto di dover pagare qualcosa. Viceversa, la condizione di recluso agli arresti domiciliari lo lascerebbe libero di continuare a dire quello che pensa della magistratura, comunicando attraverso i figli e la sua compagna».
In entrambi i contesti ipotizzati, Forza Italia dovrà fare a meno di lui in occasione delle elezioni europee.
«E chi lo voterebbe un perdente come lui? Le elezioni le vinci se sei percepito come un vincente, non se possiedi delle tv. Qualunque sarà la condizione del suo leader, sono quindi sicuro che Forza Italia conseguirà un pessimo risultato elettorale. Perderà una quota cospicua di voti come già avvenuto negli ultimi tempi: in Trentino Alto Adige è passata dal 16 al 4 per cento, in Sardegna ha avuto un altro tracollo dal 25 al 18 per cento. Si tratta di un processo irreversibile. Alle Europee verrà raccolto soltanto un voto commemorativo del Berlusconi ancora in vita. Forza Italia potrebbe anche arrivare al 15 per cento, concorrendo comunque per il terzo posto dietro al Partito democratico e al Movimento 5 Stelle».
Pur tra mille contraddizioni, Renzi sta forzando i tempi della politica per il varo di riforme attese da almeno vent’anni. Perché Berlusconi non è riuscito a realizzarle nonostante abbia goduto in questi anni di mandati elettorali che gli hanno garantito vastissime maggioranze parlamentari?
«Dopo Mussolini, in Italia le altre pulsioni non democratiche di riforma sono state quelle di Craxi e Berlusconi. Ma se il primo è stato ucciso dall’ultima resistenza armata dei partiti tradizionali, il secondo – che pure non aveva un progetto ma solo qualche ideuzza – si è rivelato un coglione che si è messo dentro la sua maggioranza cinque autentici deficienti, che hanno fatto la fine che sappiamo: Gianni Letta lo ha sempre bloccato in tutto, normalizzandolo da riformista a conformista; Giulio Tremonti si credeva il più intelligente di tutti e non avrebbe mai avvallato misure come quelle della riduzione dell’Irpef con 80 euro in più in busta paga; Gianfranco Fini gli impediva qualunque riforma della giustizia; Umberto Bossi si è sempre opposto a un Titolo V della Costituzione che regolamentasse in maniera efficace i rapporti tra Stato centrale e Regioni; infine Pier Ferdinando Casini faceva sempre e solo casino».
E Matteo Renzi?
«Lui incarna il terzo tentativo non democratico di riforma del Paese. È un altro pseudo dittatore mancato che, fingendo di essere democratico, ha battuto qualunque resistenza interna ed esterna. Tant’è vero – dice sempre Sgarbi, a suo rischio e pericolo – che ha nominato ministri come Madia e Boschi incapaci di qualunque reazione e pronte a servirlo come cameriere. E ricevendo Berlusconi al Nazareno, lo ha trasformato in un questuante costretto a recarsi nella casa del vincitore delle primarie del Partito democratico. Con quell’atto formale ha messo fine alla leadership di Berlusconi, che per decenni si era abituato a ricevere tutti quanti a palazzo Grazioli».
Ma dopo Berlusconi chi ci sarà?
«Ci sarà Renzi. La destra è finita e lo sarà ancora per molto tempo».