Soldi pubblici ai partiti, un bluff colossale

di Carmine Gazzanni

L’aveva promesso ad aprile, l’ha ribadito pochi giorni fa ed ecco ieri l’approvazione in cdm: i tanto odiati rimborsi elettorali sono stati aboliti. “Da oggi decideranno i cittadini”, ha ripetuto ieri Enrico Letta, orgoglioso di aver dato seguito alla parola data. Scorrendo però i 15 articoli del decreto, più di qualcosa pare non tornare. Tra sgravi fiscali, 2 per mille, spazi tv e sedi in giro per l’Italia, il testo pare essere più un baratto che altro: vi tolgo i finanziamenti cash, ma trovo il modo di garantirvi altri piccoli privilegi. Senza dimenticare, peraltro, che gli effetti si cominceranno a vedere solo dal 2017. Fino ad allora, dunque, lo Stato continuerà a foraggiare tutti i partiti. Ma andiamo con ordine. Il testo del decreto altro non è che la copia del ddl approvato lo scorso ottobre dalla Camera e fermo da ormai due mesi in Senato. Un modo per accelerare i tempi, dunque. Per dire basta ai finanziamenti ai partiti. Solo “forme di contribuzione volontaria”. Ma è proprio andando ad analizzare tali forme di contribuzione che si scopre più di un inghippo.

Donazioni? Conviene ai partiti
Tutti i privati che effettueranno donazioni a questa o quella formazione politica godranno di una detrazione Irpef maggiore rispetto alla norma (art.3). Chi infatti donerà tra i 30 e i 20mila euro avrà una detrazione del 37%, chi invece donerà fino a 70 mila euro una detrazione del 26%. Tutto questo mentre per enti o associazioni le detrazioni non possono superare il 19%. Cosa vuole dire questo in soldoni? Facciamo alcuni esempi per capirci. Prendiamo una famiglia che voglia donare 20mila euro a un’università o, meglio, ad un ente di beneficienza. Potrebbe detrarre 3800 euro. Peccato però che sia fissato un tetto alla detrazione a 2.065 euro. Nessun tetto, invece, per le donazioni ai partiti: lo stesso privato che volesse donare 20mila euro a Pd, Pdl, Sc o altri potrebbe infatti detrarre 5.200 euro. Più del doppio. Ergo: a ogni cittadino converrà donare ai partiti piuttosto che a enti, onlus, associazioni culturali. Meglio ancora andrà alle aziende che potranno versare fino a 100 mila euro con una detrazione del 26%. Niente male se pensiamo che se un’azienda volesse invece versare donazioni a onlus o enti sociali non potrebbero andare oltre il 10% (esempio: con 100mila euro detraggo 26mila se dono ad un partito; 10mila se ad una onlus).

Il 2 per mille
Non basta. I cittadini, infatti, potranno scegliere di destinare il 2 per mille a questo o quel partito. Qualcuno potrebbe dire: stiamo parlando di briciole. Probabilmente. Basti pensare che il tetto iniziale (prima di 61 milioni, poi di 300), oggi è scomparso. La paura più grande, però, derivava dal fatto che nel testo iniziale si stabiliva che “in caso di scelte non espresse, la quota di risorse disponibili […] è destinata ai partiti ovvero all’erario in proporzione alle scelte espresse”. Pare, però, che quest’ultimo pericolo sia scampato: Enrico Letta nel pomeriggio di ieri ha garantito che la quota del cosiddetto “inoptato” verrà versata nelle casse dello Stato, com’è giusto che sia. Staremo a vedere.

Sedi e tv gratis
Non potevano mancare i privilegi confezionati a misura. Se vogliamo, la vera merce di scambio. A cominciare dalla possibilità, per tutti i movimenti, di usufruire di sedi gratuitamente. Senza pagare alcun affitto di locazione. Lo dice chiaramente l’art. 5: “L’Agenzia del demanio […] assicura, in favore dei partiti e dei movimenti politici la disponibilità, in almeno ciascun capoluogo di provincia, di idonei locali per lo svolgimento delle attività politiche, nonché per la tenuta di riunioni, assemblee e manifestazioni pubbliche”. Possiamo solo immaginare il risparmio che tutti i partiti ne potranno trarre. Ma non basta. Ad esser garantiti saranno anche spazi tv confezionati per fini meramente propagandistici. I partiti, infatti, da oggi avranno diritto ad accedere a spazi televisivi messi a disposizione a titolo gratuito dalla Rai “ai fini della trasmissione di messaggi pubblicitari diretti a rappresentare alla cittadinanza i propri in dirizzi politici”. Insomma, più che un’abolizione pare tanto un baratto. Riuscito.