Spezzato l’asse franco-tedesco. Italia ora centrale in Europa. Parla il presidente della Commissione Finanze, Bagnai: “Finita l’era del prendere o lasciare imposta da Berlino”

L'intervista de La Notizia al presidente della Commissione Finanze, Alberto Bagnai

Alzare la voce in Europa paga. Il pressing del Governo gialloverde sembra aver fatto cadere più di un tabù. Oggi sulle politiche sui migranti, forse in futuro anche sulle regole di bilancio. E mentre monta la diffidenza degli elettori verso l’Ue, le grandi famiglie politiche europee temono il possibile exploit elettorale dei sovranisti. “Mi pare che il nuovo atteggiamento del Governo italiano abbia iniziato a cogliere vantaggi e benefici di ordine politico perché comincia ad essere considerato come un interlocutore”, spiega il presidente della commissione Finanze del Senato, Alberto Bagnai. “Si è spezzato il tandem franco-tedesco che aveva sempre imposto l’approccio del ‘prendere o lasciare’. Se l’asse diventa a tre, mi pare un risultato significativo. Ma il cambiamento è anche di ordine culturale: finalmente si evidenziano due punti su cui, in maniera solitaria e a prezzo di molte critiche, avevo insistito fin dal 2012: l’Europa non può essere un gioco a somma zero dove la Germania vince e l’Italia perde”.

E l’altro punto?
“L’Europa così come è concepita non ci aiuta nella sfida globale perché ci mette in urto con gli Usa: la smania tedesca di campare con i soldi altrui ha comportato un fastidio che si è manifestato con i dazi imposti da Trump. E tutto questo perché l’Unione non ha voluto far rispettare le proprie regole: se avesse aperto una procedura di infrazione contro la Germania per il suo surplus spropositato tutto questo non sarebbe avvenuto. Ci si è comportati come una fattoria degli animali dove i tedeschi sono più animali degli altri. Eppure neanche questo è bastato alle élite a far campare bene i tedeschi ed è bastato fermare una nave nel Mediterraneo per far esplodere queste contraddizioni. Incombe sul nostro Governo il compito di sfruttarle in modo da proporre una formula in cui sia possibile convivere tutti al meglio”.

In che modo?
“Il ministro Tria insiste molto sugli investimenti pubblici in vista di una crescita duratura e sostenibile che passa da una ricomposizione degli squilibri. Già Monti ne parlava ma all’epoca la Germania poteva permettersi il lusso di ignorare queste esigenze. Ora i rapporti di forza stanno mutando. Se non mutano e in tempi rapidi, l’Europa si ritroverà con una maggioranza di euroscettici”.

Questo vuol dire fare più debito?
“Non vedo dove sia lo scandalo se è vero che Spagna, Francia e Germania hanno violato pesantemente il vincolo del 3 percento. Piuttosto mi pare legittimo chiedersi se gli affettuosi consigli dell’Ue e del Fmi all’Italia, che vuole impostare le politiche economiche nel rispetto dei saldi, siano nel nostro interesse o no. Io credo che non possa più passare l’idea che per perseguire il bene del tutto si faccia del male ad una parte. Non è fascismo, né antieuropeismo rivendicare il bene dell’Italia. Porre l’idea dell’interesse nazionale non è astrusa”.

Ma l’Europa cederà o farà le barricate?
“I governi che a differenza dell’Italia non si sono avviati al cambiamento tenteranno di difendere il vecchio modello ma questo comporterà l’affermarsi di forze ragionevolmente critiche che lo metteranno in discussione. In Europa i Paesi che contano sono Germania, Francia e Italia: la Germania sta già virando a destra perché le disuguaglianze stanno aumentando e con esse la povertà. Gli stipendi non sono all’altezza della produttività e Merkel è destinata ad avere più di un dispiacere politico che avrebbe evitato se fosse uscita di scena prima. Macron non è poi tanto amato dai francesi perché il Paese ha un’economia poco competitiva ed è costretto a chiedere riforme che impongono sacrifici alla popolazione. Personalmente, come europeo sono sollevato che il mio governo si sia fatto promotore di un percorso di cambiamento”.

Il ministro Fraccaro ha assicurato il governo non porrà la questione del referendum sull’euro
“Il contratto di Governo non lo prevede. Io l’ho sempre considerata una scemenza”.