Sprecopoli spaziale all’ente di ricerca aerospaziale del Miur. Nemmeno i 23 milioni di fondo statale bastano per pagare il personale, mentre gli impianti sono chiusi perché vecchi

di Carmine Gazzanni

Verrebbe da definirla, quasi ironicamente, una sprecopoli stellare quella del Centro Italiano di Ricerca Aerospaziale (Cira), ente di ricerca pubblico sottoposto alla vigilanza del ministro dell’Istruzione e della Ricerca, Stefania Giannini. Eppure la relazione predisposta poco prima di Natale dalla Corte dei Conti disegna un quadro certamente non roseo. Sebbene i costi del personale siano in evidente aumento (nonostante vari solleciti nel corso degli anni degli stessi magistrati contabili affinché venissero attuate politiche di spending review, tutti puntualmente disattesi), gli obiettivi che il Cira dovrebbe perseguire sono tutti pesantemente in alto mare.

Il Centro di Ricerca, infatti, nasce con il migliore degli intenti: dare attuazione al PRO.R.A. (Programma nazionale di Ricerche Aerospaziali) attraverso “attività di ricerca scientifica e tecnologica, sperimentazione, formazione del personale nei settori aeronautico e spaziale”. Un impegno non da poco, dunque, tanto che “lo Stato ha assunto a proprio carico l’intero onere sostenuto dal Cira”: stiamo parlando, nel complesso, di oltre 428 milioni. Peccato però che dalla relazione  contabile emerga come nel 2014 il personale è arrivato a costare oltre 26 milioni. Una montagna spropositata di soldi, se si considera che “nell’esercizio in esame il medesimo costo supera di 3,2 milioni il contributo statale destinato alla gestione (22,9 ml) ed arriva a rappresentare il 69% dell’ammontare complessivo dei costi dell’Ente (54 per cento nel 2013)”.

E per quanto riguarda la ricerca? Come detto, tutto in alto mare. Il motivo? Surreale: gli impianti destinati alla ricerca e alla sperimentazione sono “rimasti inoperativi per l’avvio di una manutenzione straordinaria resasi necessaria a causa della raggiunta obsolescenza che ha determinato un drastico calo delle prestazioni di affidabilità, disponibilità e sicurezza”. Si sarebbe potuto intervenire negli anni passati con lavori di manutenzione ordinaria. Peccato però che nessuno mai, sottolineano i magistrati, abbia mai segnalato le disfunzioni. E così ora il percorso di ammodernamento, che arriverà a costare circa 20 milioni, verrà ultimato “presumibilmente nel 2017”.

Fino ad allora tanti saluti allo spazio.

Tw: @CarmineGazzanni