Tra sgambetti e faide tutti i nomi in corsa per il sottogoverno

di Alessandro Ciancio

Tra le tante, il voto di fiducia al governo Letta porta con sé un’inevitabile conseguenza: lo scatenarsi della lotta silenziosa e sottotraccia per la conquista di una poltrona da viceministro o da sottosegretario. Al povero cronista smaliziato tocca quindi dare conto dell’attività parossistica che si registra in queste ore nel Palazzo, provando a districarsi tra i dinieghi dei diretti interessati (che valgono più di una conferma) e gli ammiccamenti di quanti vorrebbero essere citati sulla stampa come candidati credibili. Proviamo a procedere con un minimo di ordine.

Centristi in pole
Tra gli esponenti di Scelta Civica, il nome più accreditato per un ruolo di governo è quello di Benedetto Della Vedova. Ex radicale, ex forzista ed ex capogruppo di Fli alla Camera, il giovane neosenatore montiano (come tanti affiliato alla rete trasversale del network lettiano “Vedrò”) gode di una stima bipartisan in Transatlantico e potrebbe essere indirizzato verso un ministero economico. L’altro nome che circola con insistenza è quello del giornalista Mario Sechi, che potrebbe così essere ricompensato per la mancata elezione a senatore. Trombato inaspettatamente in Sardegna, l’ex direttore berlusconiano de Il Tempo aveva sorpreso molti per la sua improvvisa conversione al Vangelo montiano e adesso aspetta in silenzio un’occasione che ne rilanci le ambizioni politiche. Si fa insistente anche il nome della nota imprenditrice Ilaria Borletti Buitoni, che molti danno per sicura come prossimo viceministro ai Beni Culturali. Il deputato Paolo Vitelli vorrebbe invece andare a fare il sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico. Dopo la nomina di Yosefa Idem a ministro per lo Sport, appaiono invece decisamente in ribasso le quotazioni della fiorettista e neodeputata Valentina Vezzali: un’olimpionica al governo sembra che basti e avanzi.

Galassia democratica
Più complessa la situazione all’interno del Partito Democratico. Qui le varie correnti si stanno prendendo reciprocamente le misure, in attesa di regolare i conti in un congresso che si annuncia drammatico. I bersaniani (ma esistono ancora?) provano a consolarsi con qualche nomina di prestigio ma scontano già l’ostilità degli avversari interni. Se ad esempio le quotazioni della portavoce “voltaggabana” Alessandra Moretti sembrano compromesse, lo stesso non si può dire per Miguel Gotor. Spin doctor fallimentare della campagna elettorale di Pier Luigi Bersani e reduce da un’imbarazzante comparsata tv a “Porta a Porta”, il neosenatore detiene tuttora un’arma formidabile: la sua collaudata amicizia con Giulio Napolitano, secondogenito del presidente della Repubblica. Dalle parti dei renziani sgomitano con dolcezza gli astri nascenti Simona Bonafè e Dario Nardella mentre si limita a incrociare le dita la fedelissima lettiana Paola De Micheli. Tra gli ex margheritini Enrico Gasbarra viene invece dato per probabile sottosegretario ai Beni Culturali (una sua vecchia ambizione). In pole position per il Ministero dell’Economia sono invece segnalati Pier Paolo Baretta (ex Cisl), Giovanni Legnini (relatore al decreto sui debiti della PA) e il sottosegretario uscente Vieri Ceriani (esperto fiscale di Bankitalia).

Amazzoni sgomitanti
Anche nel Pdl le bocche restano cucite. La consegna è quella di manifestare un ostentato disinteresse per le poltrone di sottogoverno. Le ambizioni personali devono cedere il passo, dicono, all’interesse generale di un partito che rinuncia ad andare subito al voto per senso di responsabilità nei confronti di un Paese stremato dalla crisi economica. La realtà è ovviamente molto diversa. In queste ore molti si stanno infatti rendendo conto che il governo Letta rischia di durare molto più a lungo di quanto non si pensasse alla vigilia del voto di fiducia. E se ad esempio gli ex ministri Mariastella Gelmini, Altero Matteoli e Mara Carfagna si sono ormai rassegnati a un ruolo parlamentare (non volendo accettare una nomina a sottosegretario che diminuirebbe il pedigree istituzionale a suo tempo conquistato), molti peones di lungo corso stanno invece cercando di salire sull’insperato treno delle nomine governative. Tra le più scatenate si segnalano le amazzoni berlusconiane Michaela Biancofiore, Annagrazia Calabria e Gabriella Giammanco. E’ vero che non hanno particolari competenze specifiche ma tenerle ancora fuori dai posti che contano potrebbe essere pericoloso. Non hanno ancora digerito le nomine a ministro di Nunzia De Girolamo e Beatrice Lorenzin e nel partito farebbero bene a diffidare dei loro algidi sorrisi di circostanza. Non sembra invece avere molte chance Laura Ravetto, che peraltro è già stata premiata con lo strapuntino da sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento nell’ultimo governo Berlusconi. Gli ex sottosegretari Luigi Casero e Alberto Giorgetti vengono invece dati come probabili per al Ministero dell’Economia. Difficile comunque trovare qualcuno nel Pdl che non coltivi ambizioni di governo. Tra le poche eccezioni forse Simone Baldelli, la cui esperienza come delegato d’aula viene ritenuta troppo preziosa per la guida del gruppo parlamentare alla Camera. Rischia di non entrare al governo nemmeno Daniele Capezzone. Tra i più brillanti e capaci della sua generazione, il portavoce del partito è riuscito a guadagnarsi la stima particolare e definitiva di Silvio Berlusconi (che ultimamente proprio a lui si affida per la stesura dei suoi discorsi pubblici). In molti hanno poi apprezzato la sua leale disponibilità nel sostenere il segretario Angelino Alfano con un lavoro tanto prezioso quanto oscuro, senza cedere alle lusinghe della ribalta televisiva. Berlusconi starebbe pensando di affidargli il ruolo cruciale di vicesegretario del partito.