Tra Silvio e Matteo è un altro arrivederci

Di Lapo Mazzei

E sì, c’eravamo proprio disabituati alle bacchettate straniere. E la tal cosa, a dire il vero, faceva piacere a tutti. Però quando uno si risveglia all’improvviso dal torpore per una bella doccia fredda, si accorge che si è trattato di un piccolo sogno, di una breve permanenza nel limbo dei bravi. Che poi bravi davvero non lo sono mai. Anche perché se a tirare la secchiata di acqua gelata è un giornale titolato e blasonato come il Wall Street Journal significa che la situazione è seria, è rischia di diventar grave con il passare delle ore, essendoci di mezzo il premier Matteo Renzi. “A meno che non siano approvate le riforme economiche, ci saranno pochi motivi per essere ottimisti”. Una bacchettata senza possibilità di repliche che arriva nel giorno in cui i dati diffusi dall’Istat certificano la recessione italiana, tanto che la testata economica statunitense ricorda la gerarchia delle riforme italiane per uscire da una congiuntura negativa. In primis riforma del Lavoro e riforma della Giustizia (civile). L’agenda del governo invece ha messo in testa il nodo delle riforme costituzionali. Secondo il Wsj Renzi “ha parlato molto di come trasformare l’Italia” e l’ampio consenso popolare delle europee “ha mostrato” che il premier avrebbe un buono spazio di manovra per agire in modo incisivo. Tuttavia finora “sono stati compiuti solo piccoli progressi” rispetto alle due riforme “vitali per la crescita”: quella giudiziaria e quella del lavoro appunto.

Nervosismo crescente
Dunque “l’interminabile recessione” italiana potrebbe essere “un problema per l’intera eurozona a meno che Renzi non cominci a mantenere le sue grandiose promesse”. Se ciò non dovesse accadere “ci potrebbero essere dei problemi in futuro”. Il messaggio perciò è chiaro: caro premier se ci sei batti un colpo. Perché mai allora se le urgenze sono le manovre economiche il presidente del Consiglio insiste sulla legge elettorale e continua a tessere la tela con Silvio Berlusconi? C’è un nesso fra il quadro disegnato dal Wsj e la realtà consegnata alle cronache di fatti di queste ultime ore? In apparenza no, in realtà tutto è legato, strettamente connesso. Nelle tre ore di colloquio a Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, accompagnato da Gianni Letta, oltre a ribadire la validità del cosiddetto “Patto del Nazareno” sulle riforme hanno affrontato anche temi caldi come le misure economiche e la partita per il Quirinale. Certo il piatto forte è stata la questione delle possibili modifiche all’Italicum, un dossier da sempre nelle mani di Denis Verdini, anch’esso presente all’incontro, a cui hanno partecipato anche Lorenzo Guerini, vice segretario Pd e Luca Lotti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma sul quale prima poi sarà trovata l’intesa. Un minuto prima di andare al voto dicono le malelingue. I nodi veri, dunque, dono come aggredire la crisi e uscire dall’impasse per la scelta del dopo Napolitano. Su questi due fronti Berlusconi ha offerto a Renzi la piena e incondizionata disponibilità a fare ciò che serve.
Al termine del vertice il vicesegretario Guerini ha riferito che il confronto, che ha già portato il risultato della riforma del Senato, va avanti. Ma senza escludere nessuno dei contraenti. “Incontro positivo”, spiega Guerini, “confermato il cammino delle riforme, un passo avanti importante”. Ed eventuali modifiche saranno oggetto di un “ampio coinvolgimento”.

Sbarramento più basso per i mini partiti
Il vicesegretario del Pd, poi, ha confermato che gli argomenti all’ordine del giorno sono stati la soglia per accedere al premio di maggioranza, sul cui innalzamento ha fatto intendere che l’accordo è facilmente raggiungibile e le soglie di sbarramento per i partiti in coalizione e per quelli che si presentano da soli. Guerini è sembrato invece molto più cauto sull’ipotesi di reintrodurre le preferenze. Un nodo che resta da sciogliere e che sarà affrontato dopo la paura estiva. Dal fronte Forza Italia si sottolinea che il “Patto del Nazareno è solido e resta un patto a due”. E si conferma che Berlusconi, per quanto non abbia dato ancora risposte, è pronto all’innalzamento al 40% della soglia per il premio di maggioranza e disponibile ad un abbassamento dal 4,5 al 4% della soglia di sbarramento per i piccoli partiti in coalizione.

Liste elettorali
Quanto al tema delle preferenze, in casa azzurra l’orientamento è quello di seguire i consigli del professor Angelo Panebianco che nel suo fondo sul Corriere della Sera di qualche giorno fa ricordava che quando c’erano le preferenze il voto di scambio non era ancora reato. “Qui si rischia, “ è il ragionamento prevalente, “che facciamo le liste elettorali dall’avvocato”. Insomma, se la legge elettorale ha trovato la sua strada, Renzi ha trovato l’alleato che gli può garantire i numeri per aggredire le questioni economiche e ridurre ai minimi termini i recalcitranti. Soprattutto quando ci sarà da scegliere il prossimo inquilino del Quirinale. Che sembra un dettaglio ma rischia di essere sostanza. Soprattutto se gli osservatori stranieri torneranno a prenderci a secchiate. Dal canto suo Napolitano resta alla finestra. Aveva detto in tante occasioni che sarebbe rimasto al suo posto il tempo strettamente necessario a far partire le rifornme. Adesso quella del Senato è arrivata. Ma forse Re Giorgio vuole attendere pure la riforma del pianeta.