Tremano le Ferrovie di Mauro Moretti. Ecco il bluff dei treni di Stato

di Stefano Sansonetti

In ballo c’è un sacco di soldi. Parliamo di circa 2 miliardi e 200 milioni di euro che escono dalle casse dello Stato e delle regioni per finire dritti in quelle delle Ferrovie. Risorse pubbliche che nell’ultimo anno sono state messe a disposizione per finanziare il contratto di servizio con il gruppo guidato da Mauro Moretti. Ebbene, questo “bottino” adesso è entrato nel mirino di Mr Forbici, Carlo Cottarelli, ovvero il commissario incaricato dal premier Enrico Letta di rivedere e riqualificare la spesa pubblica italiana. Il riferimento ai denari destinati alle Ferrovie è contenuto in uno dei passaggi del piano predisposto dallo stesso Cottarelli, il quale costituirà un gruppo di lavoro tematico che, all’interno del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dovrà provvedere alla “revisione dei trasferimento alle imprese: autotrasporto, trasporto pubblico (Fs), strade”. Insomma, l’azienda di Moretti è espressamente citata nel piano, anche se di sfuggita. Ma, come spesso accade, il diavolo si nasconde nei dettagli.

I numeri
Del resto basta andare a spulciare nell’ultimo bilancio 2012 delle Ferrovie per capire l’entità delle cifre in gioco e, di conseguenza, dei rischi per Fs connessi a un loro anche parziale taglio da parte di Cottarelli. L’anno scorso, su ricavi operativi totali di 8,2 miliardi, quelli da servizi di trasporto si sono attestati sui 5,9 miliardi. Ora, all’interno di quest’ultima cifra i ricavi da “contratti di servizio” hanno pesato per la bellezza di 2,2 miliardi di euro. Si tratta proprio dei soldi pagati da Stato e regioni al gruppo di Moretti. In particolare, spiega il documento contabile, i 2,2 miliardi sono composti da 514 milioni derivanti dal contratto di servizio con lo Stato e 1,7 miliardi derivanti da quello con le regioni. Tra l’altro parliamo di trasferimenti il cui trend è già discendente. Dal 2011 al 2012, infatti, i ricavi da Stato e regioni sono complessivamente diminuiti di 101 milioni. A dimostrazione del fatto che parliamo di risorse entrate nel mirino negli anni scorsi. Adesso, però, arriva anche un riferimento diretto all’interno del piano Cottarelli, ovvero della “riforma delle riforme” della spesa pubblica, quella che dovrebbe far risparmiare qualcosa come 32 miliardi di euro in tre anni. Prospettiva che rischia di non far dormire sonni tranquilli all’azienda di Moretti, nonostante abbia chiuso l’esercizio 2012 con un utile di 381 milioni di euro (in sensibile incremento rispetto all’anno precedente, ossia +33%). Se non altro Moretti, di fronte a questa minaccia, può sentirsi in buona compagnia, dal momento che al centro dell’attenzione di Cottarelli è finito anche il finanziamento pubblico del servizio universale gestito da Poste italiane.

Mal comune mezzo gaudio
Nei giorni scorsi La Notizia (vedi il numero del 28 novembre) ha spiegato come anche l’azienda di Sarmi sia nel mirino del piano di spending review. In questo caso gli ultimi trasferimenti statali a beneficio del colosso postale si sono aggirati intorno ai 350 milioni di euro l’anno. Ma Poste, per gli anni pregressi, vantano un credito nei confronti dello Stato e della Presidenza del consiglio per 1,18 miliardi. Insomma, anche dalle parti di Sarmi c’è qualcuno che comincia a temere l’incisività con cui potrebbe essere azionata la scure di Cottarelli.

La mina derivati
Tornando alle Ferrovie, peraltro, dal bilancio 2012 (come aveva raccontato La Notizia), viene fuori anche la mina dei derivati, che al 31 dicembre del 2012 si portava in dote un salasso potenziale della bellezza di mezzo miliardo di euro (per la precisione 498 milioni). Parliamo di un macigno “potenziale” sui conti della società di Moretti, perché rispecchia quello che era il valore di mercato degli strumenti all’atto della chiusura dell’esercizio. Per carità, va detto che non si tratta di derivati speculativi, ma di contratti stipulati per coprirsi dai rischi di cambio e tasso. Certo è che il loro andamento, nel tempo, si è fatto sempre più preoccupante. Il 1° gennaio 2009, per esempio, il saldo negativo era di 212 milioni, nel frattempo più che raddoppiati. La Notizia all’epoca provò a chiedere a Fs una valutazione di questo andamento negativo. Ma senza ricevere risposta.