Tristi e pagliacci: così Matteo snobba Silvio e Beppe

di Luca La Mantia

L’ultimo spot prima del voto di Matteo Renzi è arrivato ieri mattina in diretta su Rtl. Il premier ha convocato per oggi un “Consiglio dei ministri bello e impegnativo”. Sul tavolo ci sarà sicuramente il decreto con i nuovi termini di versamento della Tasi. E ci sarà, con ogni probabilità, anche quello sul turismo, come ha detto nel pomeriggio il Sottosegretario al ministero dei Beni culturali, Francesca Barracciu. Del resto la corsa alle europee vale molto di più del parlamento Europeo. E nonostante il Premier continui ad assicurare che il voto di domenica prossima non avrà valenza a livello politico, per il suo Pd il rischio di essere sorpassato dal Movimento 5 Stelle esiste eccome. Un rischio che Renzi deve scongiurare in ogni modo. Uscire sconfitto da queste elezioni potrebbe creargli non pochi grattacapi, anche all’interno del suo stesso partito. Per questo Matteo ha deciso di darsi una mossa. Fa il giro d’Italia, risponde per le rime ai suoi avversari e strilla dai palchi delle piazze, come ha fatto lunedì scorso a Napoli. Ma scendere sempre nell’arena contro due gladiatori da prima pagina come Grillo e Berlusconi alla lunga può risultare controproducente.  “In fondo – avrà pensato – io governo”. E se già da Napoli aveva invitato i suoi elettori a non rispondere alle provocazioni (salvo poi fare tutt’altro) in questi ultimi giorni di una settimana infuocata ha messo in pratica i buoni propositi, defilandosi  momentaneamente pur restando nell’agone. “Grillo e Berlusconi se le stanno dicendo di tutti i colori e io li lascio fare perché noi abbiamo da governare” ha detto in modo un po’ snob durante un’intervista rilasciata a Rtl, per poi aggiungere: “se vogliono darsi di Hitler e dintorni facciano, è un problema loro. Mi fanno anche tristezza, ma io governo”. Sì, lui governa e, checché se ne dica in giro, continua a ribadire che “la legittimazione del governo non arriva dalle elezioni europee, lunedì non cambierà niente per il governo italiano”, anche perché “il presidente del Consiglio è eletto dal Parlamento non dal popolo”. Toni più soft, dunque, è anche un leggero, altezzoso, distacco. Quasi si sentisse un adulto che guarda, ironico, i bisticci di due bambini. Per Renzi l’Italia “merita di più degli insulti, degli urli e dei vaffa” perché “l’urlo ti dà la sensazione di star bene solo per cinque minuti. Io voglio cambiare il Paese. Con grande determinazione, umiltà e serenità, noi questo Paese lo cambiamo”. Anche sull’argomento Europa il tutto si riduce a una gelida critica sul contegno di Berlusconi e Grillo: “Non abbiamo bisogno –ha ribadito il presidente del Consiglio – di show e pagliacciate al Parlamento europeo: non abbiamo bisogno di salire sul tetto”. A Bruxelles, insomma, per Renzi non servono urlatori ma persone “serie e preparate che portino avanti gli interessi dell’Italia”. Per quanto riguarda i risultati dell’imminente tornata elettorale Matteo si è detto sicuro del fatto che il Pd arriverà primo alle europee. Un successo che, secondo il Premier, amplierebbe la forza dell’Italia all’interno dell’Europa. Renzi fiducioso? Insomma. Il voto continua a restare una grande incognita per il capo del Governo. Il malcontento popolare e la sfiducia nei confronti della politica sono alle stelle. Forse per questo, negli ultimi giorni, Matteo si è momentaneamente riappropriato dei panni del rottamatore, dicendo che “mentre la politica ingrassa la gente dimagrisce”. Mai come in questo periodo è difficile comprendere quali saranno le scelte degli italiani nel segreto dell’urna. Martedì, alla corte di Enrico Mentana a “Bersaglio Mobile”, Renzi aveva detto di voler convertire alla sua causa parte degli elettori del M5S. Ieri è stata la volta degli astenuti, il vero cruccio del suo Pd. “E’ importante che i cittadini votino – ha spiegato – da presidente del Consiglio dico: andiamo a votare perché se non votiamo l’Europa non si occupa di noi”. In effetti i primi dati parlano di un affluenza mai così bassa. E, infatti, Renzi, dalle colonne del Corriere, ha annunciato il lancio dell’operazione “Argo”. Una task force formata dai ministri Maria Elena Boschi, Giuliano Poletti e dal Sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio e dallo stesso Premier andrà in giro nel tentativo di recuperare i voti persi dal Pd in questi ultimi anni (sono stati almeno quattro milioni dalle politiche 2008 a quelle del 2013).  “Sono stati mandati al Sud e in Sicilia tre persone che fanno presa e poi ci sono io . Ne usciremo bene” . Grillo permettendo, s’intende.

 

Il Cavaliere lancia il guanto e sfida Renzi sulle riforme: dopo il voto tutto in bilico

di Lapo Mazzei

Uno pensa: vuoi che il capo non sappia cosa fa la mano destra quando la sinistra comanda il gioco? Possibile che ciò accada anche in politica? E, soprattutto, è credibile un Silvio Berlusconi impreparato rispetto alle iniziative di Michaela Biancofiore? Suvvia non scherziamo. Va bene che questa è una campagna elettorale fuori dalle regole e dagli schemi, ma quando è troppo è troppo. Con tutta probabilità si tratta del solito gioco delle parti, con il poliziotto cattivo e quello buono, con il capo magnanimo e la fedele scudiera agguerrita e pronta a tutto. Insomma, nullo di nuovo sotto il sole, essendoci di mezzo il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e l’ex ministro Usa Tim Geithner. Insomma, non due tipi qualunque. “Mai pensata una cosa del genere, l’impeachment è un’ipotesi impossibile”, dice Berlusconi a Porta a Porta, in merito all’esposto depositato in procura da alcuni parlamentari di Forza Italia per far luce su quanto accaduto nel 2011, anche in seguito alle affermazioni Parlamentari che non escludono l’ipotesi di avanzare la richiesta di impeachment nei confronti del Presidente della Repubblica. Il Cavaliere, che sa bene come vanno certe cose, aggiunge anche di ignorare l’iniziativa, anche se ribadisce che in quel periodo ci fu “un attacco non a me ma alla sovranità nazionale”. Ecco l’ultimo passaggio è quello che conta. Chiarito questo dettaglio, che poi tanto dettaglio non è, il resto del copione propone la solita litania. Che offre poche variazioni sul tema, essendo l’offesa e il turpiloquio il trend vincente. Qualche piccolo sussulto, però, lo si registra. “Il risultato delle elezioni Europee è assolutamente ininfluente sulle decisioni che prenderò riguardo le riforme”, afferma l’ex premier, lanciando un chiaro segnale a Matteo Renzi. In sostanza toccherà al premier andare a Canossa dal Cavaliere, in modo da siglare un nuovo accordo del Nazzareno. Il perché è presto detto. “La mia idea di Senato era quella che avevamo varato nel 2005. Ora è meglio abolirlo del tutto, perché costa troppo”, afferma il leader di Forza Italia, “con la modifica di Renzi si risparmia poco, e la macchina rimane intatta”. Ecco, proprio ciò che sostengono i denigratori del progetto del premier. E se Berlusconi tira indietro le gambe su un tema come questo significa che il governo, dopo le elezioni, dovrà rifare tutti i conti sulle riforme. Alla faccia dei proclami del ministro Maria Luisa Boschi. Anche perché un progetto è già definitivamente tramontato. “Il ballottaggio previsto dalla riforma della legge elettorale per noi è la fine: i voti di Grillo e dei No Tav andranno al Pd”, spiega Berlusconi annunciando il de profundis dell’Italicum, la legge elettorale voluta da Renzi e scritta da Denis Verdini, “noi abbiamo appoggiato le riforme. Abbiamo approvato la legge elettorale discussa con Renzi, ma poi lui ha voluto alzare il premio dal 35% al 37% e la soglia di sbarramento del 4% e sul ballottaggio vedremo. Io ho la speranza di conquistare una parte importante di quei 24 milioni di italiani che adesso non votano e quindi ho detto va bene al 37%”. Insomma, c’era un tempo in cui si poteva trattare. Quel tempo è scaduto. Anche per Berlusconi, tanto che Bruno Vespa, ieri sera, gli ha negato un in più di programma. Forse un’epoca è davvero finita.