Tumore alla tiroide ko, in Italia c’è un nuovo farmaco: è efficace pure contro le forme più aggressive

Il tumore della tiroide è una patologia destinata ad aumentare. Ma dalla ricerca arriva una buona notizia: un farmaco contrasta le forme più aggressive.

Ogni anno colpisce più di 15 mila persone, soprattutto tra i 40 e i 50 anni, e di queste più della metà sono donne. Il tumore della tiroide è una patologia destinata ad aumentare, anche a causa dei fattori ambientali. Nella maggior parte dei casi è una forma di cancro definita “buona” perché si guarisce nel 90% dei casi, c’è però una  minima parte di pazienti che con le cure a disposizione non ottengono i risultati sperati e fino ad oggi l’ultimo trattamento per questi casi era la terapia radiometabolica, cioè con iodio radioattivo.

Trattamento molecolare – Adesso però è disponibile anche in Italia un nuovo farmaco che permette di debellare le cellule in quei pazienti che non reagiscono alla terapie tradizionali. E non solo. Il nuovo medicinale è in grado di prolungare la sopravvivenza dei malati con una buona qualità di vita. Lenvatinib (è il nome del farmaco) è un nuovo tipo di medicinale a bersaglio molecolare (disponibile e rimborsato nel nostro Paese dallo scorso luglio 2016, che si è dimostrato efficace in uno studio che ha coinvolto quasi 400 pazienti con carcinoma tiroideo differenziato in fase avanzata in oltre 100 centri in Europa, Nord e Sud America e Asia.

Chirurgia – La nuova molecola ferma la crescita della malattia, con una notevole riduzione delle metastasi, e il paziente può avere una buona qualità di vita, inoltre gli effetti collaterali non sono pesanti e una volta conosciuti sono di facile gestione. I pazienti colpiti da tumore della tiroide dopo le terapie possono condurre una vita normale. Per curare al meglio il tumore tiroideo è indispensabile il lavoro di équipe di vari specialisti: endocrinologo, oncologo, radiologo, anatomo-patologo, chirurgo e medico nucleare. Finora la chirurgia è  stata il trattamento principale: in generale, è necessaria l’asportazione di tutta la tiroide, ma in casi selezionati l’intervento può interessare un solo lobo della ghiandola. Negli ultimi anni infatti le nuove conoscenze scientifiche stanno spingendo verso una chirurgia meno invasiva e personalizzata sul singolo paziente, che punta a preservare la funzionalità dell’organo. Dopo l’intervento di tiroidectomia totale, si somministrano in genere a vita ormoni tiroidei in sostituzione di quelli che la ghiandola non può più produrre. Ora con questa nuova molecola potrebbe cambiare tutto, evitando le terapie più invasive e con più effetti collaterali.