Il potere di Erdogan nel Belpaese. Dai gasdotti ai terminal portuali. Così l’Italia annaspa per Del Grande

Governo in difficoltà per i forti interessi turchi in Italia, dal gas agli investimenti nei Porti. Ecco perché non possiamo fare la voce grossa con Erdogan

Il sospetto, alla fine, è sempre quello. Per metterlo a fuoco si può partire da una domanda: quanto pesa l’intreccio di interessi economici sulla scarsa incisività che l’Italia riesce ad avere nei suoi “dialoghi” internazionali? Interrogativo che torna di attualità nel caso di Gabriele Del Grande, il reporter italiano bloccato in Turchia da diversi giorni. La vicenda, ormai, ha assunto un rilievo diplomatico di massimo livello. E chissà che dietro alle difficoltà di gestione non ci siano i grandi interessi turchi in Italia e una certa “dipendenza” da parte del Belpaese. In questo periodo, per dire, sta tornando di grande attualità la discussione sul Tap, il gasdotto che dovrebbe portare il gas dell’Azerbaijan fino alle coste del Salento. Ebbene, non sempre si riflette sul fatto che il Tap, per funzionare, dovrà allacciarsi a un’altra megainfrastruttura, il Tanap, ovvero il gasdotto che correrà lungo tutta la Turchia.

Il dettaglio – E chi sono i maggiori azionisti del Tanap? L’azienda pubblica azera Socar (al 58%) e la compagnia statale turca Botas (al 30%). Questo significa che, alla fine della fiera, la riuscita del progetto dipende molto dalla “disponibilità” del Paese guidato da Recep Tayyip Erdogan. Con il quale, allora, non è molto facile fare la voce grossa, cosa che servirebbe nel caso Del Grande. Ma le ramificazioni turche arrivano anche direttamente nella penisola. In pochi sanno che uno dei più grossi operatori portuali del mondo è il gruppo turco Global Ports. Il quale, negli ultimi anni, ha fatto una vera propria campagna acquisti nel Belpaese. In particolare ha rilevato pacchetti pesanti nel capitale di numerose società che gestiscono i terminal portuali nostrani destinati alla grandi navi da crociera. Viene così fuori che Global Ports, che ha il suo quartier generale a Istanbul, oggi detiene il 70% della Cagliari Cruise Port srl, il 62% della Catania Cruise Terminal srl e il 51% della Ravenna Terminal Passeggeri srl. Di più, perché il colosso turco sta anche nel consorzio che, tramite la società Apvs, controlla il 53% della Venezia Terminal Passeggeri Spa. La stessa che a cascata vanta una partecipazione nella Brindisi Cruise Port srl. Questo, tra le altre cose, significa che in tutte le compagini sociali Global Ports si trova a interloquire con soci come Autorità portuali, Camere di commercio, enti locali e via dicendo.

Tirando le somme – Senza contare che potrebbero essere in cantiere altri obiettivi espansionistici in un settore funzionale alla crocieristica, che vede l’Italia come una della tappe privilegiate dei turisti. Con tutto il corollario di investimenti che questo comporta: altra ragione che contribuisce ad alimentare la domanda sull’effettiva possibilità dell’Italia di far valere le sue ragioni internazionali. Per carità, non che interloquire sul palcoscenico mondiale sia cosa facile, soprattutto in questo momento caldo. E soprattutto con una Paese, la Turchia, che ora è sotto assedio per il referendum a seguito del quale il Paese si trasformerà in una sorta di repubblica superpresidenziale, con grandi poteri in mano allo stesso Erdogan. Ma nella valutazione delle mosse di un Governo non si può prescindere dalla valutazione delle “dipendenze” economiche che in un modo o nell’altro possono limitarne la capacità di interdizione.

Twitter: @SSansonetti