Un Bassolino nella scarpa di Renzi. L’ex sindaco di Napoli che vuole le primarie spacca il Pd. Dove si pensa solo a fermarlo

di Lapo Mazzei

E adesso come andrà rubricato il caso “Bassolino”? Dovremo rifarci all’armamentario usato per Ignazio Marino, dimissionato sindaco di Roma, oppure dovremo attrezzarci con nuovi strumenti e nuovi frasari? Perché il fronte aperto da Totonno o’ Cacaglio ( così era stato soprannominato Antonio Bassolino quando era signore e sire della Campania, ovvero governatore della Regione) non è affatto balbuziente ( cacaglio appunto) ma chiaro e netto, in grado di scavare fiumi e scalare montagne. Anche perché il gioco di Bassolino, ovvero auto candidarsi a sindaco di Napoli contro il partito, finisce con il favore i giochi di Vincenzo De Luca, attuale presidente della Regione a rischio legge Severino.

Insomma, un incastro magico che rischia di mettere in seria difficoltà il presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi. Il quale, pur essendo con la testa già al vertice di Parigi,  è partito con il piede sbagliato nell’affrontare questo nuovo fronte.  E se non lo ha fatto direttamente lui, ci hanno pensato i vertici del partito, nello specifico Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini,  a piantare una grana ben più grossa del problema.  E se i soliti “ambienti parlamentari” della maggioranza piddina  inquadrano  le interviste “gemelle” dei due vicesegretari, come un “test” una prova per capire da che parte andare, è del tutto evidente che la proposta di escludere gli ex-sindaci dalle primarie,   si sta rivelando un boomerang politico di proporzioni difficile calcolabili.  Perché va bene il “test” per tastare le reazioni, ma se ci sono delle intenzioni, non delle certezze. E il ritorno sul luogo del delitto di Bassolino è una granitica certezza. Con o contro il Pd.

Non a caso da parte della minoranza del partito è arrivata l’immediata bocciatura della proposta Serracchiani-Guerini. Ma anche del fronte renziano la cosa di bocciare gli ex sindaci suscita perplessità. “Una norma ad personam va contro il dna del renzismo”, si spiega ricordando un episodio degli albori del cursus del presidente del Consiglio: le primarie per la provincia di Firenze. “Si cambiarono le regole in corsa per tentare di favorire Lapo Pistelli”. Si decise che se nessuno dei candidati avesse superato il 40%, ci sarebbe stato un secondo turno. “E l’obiettivo era quello di far convergere tutti su Pistelli al ballottaggio”. Ma Renzi superò di un soffio il 40%, vinse le primarie e il resto è storia nota. Che sia stato solo un test o meno, la proposta Guerini-Serracchiani ha fatto alzare la tensione nel Pd, tanto che il diretto interessato ha messo sul tavolo il carico: “Sono d’accordo con Renzi, le regole non si cambiano” dice Bassolino, candidato alle primarie del centrosinistra a Napoli, citando il premier che in tv “il 21 ottobre scorso ha detto che le regole non si cambiano. Se si voleva cambiare le regole bisognava farlo prima, non ora che il treno è già partito”. E con Bassolino si schiera anche Gaetano Quagliariello, ex braccio destro di Angelino Alfano,  che parla addirittura di “purga staliniana”.  Come al solito finirà che Renzi, farà una renzata, magari facendo saltare le primarie, imponendo un candidato dall’alto. Intanto ha proposto una “moratoria sulle primarie fino a gennaio, quando la direzione deciderà”, ha detto chiudendo la direzione Pd. “Ma che la discussione sia su quando sarà il congresso o quando faremo le primarie”, sottolinea, “rischia di dare al Paese l’idea di essere totalmente dis-assati (ovvero “non perfettamente allineato all’asse di rotazione principale”, ndr)”. Ecco, stavolta prendere tempo non è solo necessario, ma strategico, se non addirittura fondamentale. Perché mai come ora, da Milano a Napoli, passando per la Sicilia e il Piemonte, il Pd non solo non sembra avere un’idea, ma da l’impressione di avanzare in ordine sparso. Avendo un Bassolino in una scarpa….