Il calcio italiano malato di poca trasparenza

di Stefano Sansonetti

Si dirà che da un punto di vista formale una Federazione sportiva non può essere considerata sic et simpliciter una pubblica amministrazione. E che quindi non trovano automatica applicazione gli obblighi di trasparenza previsti per tutte le altre articolazioni dello Stato. Ma sarebbe un’argomentazione che più fragile non si può. Anche perché parliamo di un principio per il quale l’adeguamento dovrebbe essere spontaneo. Sta di fatto che dalle parti della Federazione italiana giuoco calcio, travolta dopo la debacle del mondiale brasiliano, la trasparenza non sembra proprio essere di casa. La sezione “amministrazione trasparente”, imposta dalla legge a tutte le pubbliche amministrazioni, sul sito non è minimamente riportata. Questo significa che la struttura, guidata fino a poco tempo fa da Giancarlo Abete, non comunica nessun dettaglio su consulenti e collaboratori, bandi di gara e di concorso, enti e società controllate, beni immobili e gestione del patrimonio, dirigenti, numeri di telefono e curriculum vari. Insomma, parliamo di tutto l’armamentario la cui indicazione on line è stata regolata nel dettaglio dal decreto legislativo 33 del 2013.

La questione
Certo, la Federcalcio tecnicamente è una federazione di diritto privato che associa tutta una serie di società calcistiche. Ma come dice l’articolo 1 dello Statuto, è a sua volta federata con il Coni, il Comitato olimpico nazionale guidato da Giovanni Malagò il cui sito invece pubblica la sezione “amministrazione trasparente”. Senza contare che su 181 milioni di ricavi 2012, data dell’ultimo bilancio disponibile, ben 68,3 sono arrivati proprio dal Coni, con un contributo annuale che naturalmente è rappresentato da risorse pubbliche.
Piuttosto paradossale, poi, la risposta che la Figc ha doto ieri a La Notizia che chiedeva conto della mancata indicazione on line di tutta una serie di voci: “Andate a guardare sul sito il bilancio sociale, lì qualcosa si trova”. Per carità, ieri la Figc era impegnata in un “denso” consiglio federale che non ha fatto altro che rinviare tutte le decisioni che contano, a partire dalle scelta del nuovo ct della Nazionale in sostituzione di Cesare Prandelli (che sarà individuato solo dopo l’indicazione del nuovo presidente federale). La realtà è che il bilancio sociale 2013 non fa altro che replicare i dati del bilancio 2012 della federazione, quello che dà conto dei risultati dell’esercizio chiuso il 31 dicembre di quell’anno. In attesa dei numeri 2013, che dovrebbero essere pubblicati in un’ormai ipotetica sezione “amministrazione trasparente”, non si può far altro che effettuare una rapida ricognizione sul 2012. Come detto i ricavi della Figc sono stati di 181 milioni di euro, di cui 68,3 derivanti dal contributo pubblico del Coni. Quest’ultimo è risultato drasticamente ridotto rispetto agli 83,6 milioni del 2011, ma è stato parzialmente bilanciato dall’aumento dei ricavi da manifestazioni internazionali (passati da 40,2 a 46,6 milioni) e degli introiti da pubblicità e sponsorizzazioni (passati da 29,8 a 38,8 milioni). Stabile invece la quota pagata dagli associati (24 milioni) e le altre voci residuali. Quanto ai costi, per esempio, si sa dallo stesso bilancio 2012 che quelli per personale e collaborazioni sono cresciuti da 12,5 a 13,5 milioni, ma nulla di più. Così come si apprende che sono aumentate da 463 a 473 mila le spese di comunicazione.

I soldi
Tra gli sponsor della Figc ci sono società come Compass (Mediobanca), Fiat, Tim, Uliveto, Dolce & Gabbana, Generali, Pai, Nutella, Alitalia, Fructis e via dicendo. Insomma, in tempo di spending review sono stati un po’ loro a “sobbarcarsi” l’onere di coprire il taglio dei trasferimenti del Coni. Inoltre l’advisor della Figc per la valorizzazione dei diritti di sponsorizzazione è Rcs Sport (del gruppo editoriale Rcs). Dal bilancio 2012, che si è chiuso con un risultato d’esercizio di 317 mila euro (in drastico calo rispetto ai 3 milioni del 2011), risultano anche immobilizzazioni finanziarie per 32,6 milioni. Si tratta, spiegano le carte, della quota detenuta dalla Figc nella Federcalcio srl, di fatto la società immobiliare della federazione.