Un mare di rifiuti, cemento ed ecomostri. L’Italia butta i suoi tesori: in 10 anni coste devastate da 18mila edifici

Cemento su cemento. Spesso sono ecomostri delle mafie che nessuno tocca. E con i rifiuti in mare è anche peggio con una depurazione che non funziona.

Bellezze storiche, ambientali, paesaggistiche, culturali che si estendono per oltre settemila chilometri di costa. Basterebbe questo per rendersi conto della ricchezza che la nostra penisola ci offre. E che noi, puntualmente, sprechiamo, devastiamo, distruggiamo. Basti questo: oggi il 51% dei litorali italiani è stato trasformato, nel corso del tempo, da case, palazzi e casermoni. Il tutto con un ritmo impressionante: negli ultimi decenni – denuncia Legambiente – si è andati avanti con una media annua di 8 km di coste occupate da costruzioni di ogni genere. In pratica, 25 metri di costruzione ogni giorno. E il risultato non può che essere uno e uno soltanto: un terzo delle spiagge italiane è interessato da fenomeni erosivi in espansione. Tra le regioni più devastate la Sicilia con 65 km, il Lazio con 41 e la Campania con 29. Nelle aree costiere, secondo i dati Istat, nel decennio 2001 – 2011 sono sorti 18mila nuovi edifici. Ben 700 edifici per km quadrato sia in Sicilia che in Puglia, 600 in Calabria ma anche 232 per km quadrato in Veneto, 308 in Friuli Venezia Giulia e 300 in Toscana, Basilicata e Sardegna. Di chi la colpa? Dell’azione umana, ovviamente. Lungo la costa, come in mare. Anche qui i dati Legambiente sono più che chiari: nel corso del 2015 sono state accertate qualcosa come 18.471 infrazioni, tra reati inerenti al mare e, appunto, alla costa. Parliamo, dunque, di una media di 50 infrazioni al giorno.

COSTE DEVASTATE – A questo punto entriamo ancora più nel dettaglio. Nell’ultimo rapporto di Legambiente, “ Mare Monstrum ”, come ogni anno l’associazione realizza un vero e proprio “viaggio” tra gli ecomostri che devastano le nostre coste. Ce n’è per tutti. Da Nord a Sud. Partiamo da Pizzo Sella, a Palermo. Centosettanta ville costruite dalla mafia dalla fine degli anni ’70 e quasi tutte non finite perché bloccate dalla confisca. Una lottizzazione abusiva in piena regola, dunque, aggravata dal fatto di essere stata realizzata grazie alle 314 concessioni edilizie rilasciate in “blocco” alla Sicilcalce intestata a Rosa Greco, sorella del boss Michele Greco. Dopo poco tempo si era partiti con la demolizione delle prime 14 ville. Poi, però, tutto si è fermato. Dal 2007. Basta salire un po’ lungo lo Stivale e arriviamo al villaggio di Lesina, a Torre Mileto (Foggia). Qui troviamo un intero paese abusivo, una cittadella  fatta  da  migliaia di villini  appoggiati  sulla  striscia di sabbia che divide il mare dal lago di Lesina. Case senza fondamenta, ma a pochi metri dal bagnasciuga. Senza dimenticare Ischia, dove sono – denuncia ancora Legambiente – circa 600 le case abusive colpite da ordine definitivo di abbattimento sull’Isola maggiore dello splendido arcipelago partenopeo. Nessuno, tuttavia, per ora muove un dito. C’è da sorprendersi? Probabilmente no, se si pensa che arriva al numero monstre di 27mila il saldo delle pratiche di condono presentate dagli abitanti in occasione delle tre leggi nazionali che si sono succedute nel tempo. Ma ci sono anche casi in cui l’abusivismo invade la storia. Nell’area del parco archeologico di Capo Colonna, a Crotone, ci sono 35 costruzioni abusive. Sono case  sotto  sequestro dagli anni ‘90, ma che  sopravvivono indisturbate alle ruspe.

DEPURAZIONE DIMENTICATA – Ma i problemi non finiscono qui. Passiamo al mare. Ed ecco che se le coste sono deturpate da cemento e soldi, il mare è devastato dall’incuria e dai rifiuti. Cosa che, peraltro, comporta pagamenti per le casse pubbliche (e dunque per le nostre tasche) non da poco. Sono infatti due le condanne europee inflitte per il grave deficit depurativo del nostro Paese: scarichiamo in mare aperto rifiuti senza alcun filtro. Le Regioni maggiormente interessate sono la Campania, con l’81% degli agglomerati condannati, la Sicilia, con il 73% e la Calabria con  il  62%. Tutto questo ovviamente si  traduce in costi esorbitanti dato che il nostro Paese sconta un ritardo di almeno 10 anni e dovrà pagare, a  partire da quest’anno, ben 480 milioni l’anno di sanzioni. Tutto a carico di Comuni e Regioni. Per avere un’idea, si va dai 185 milioni per la Sicilia, ai 5 per Valle d’Aosta e Veneto.

Tw: @CarmineGazzanni