Un secolo e mezzo di carcere per gli scontri in Val di Susa. Chiesta una condanna pesante per gli attivisti No Tav

Rischiano di costare cari gli scontri in Val di Susa del 2011 ad alcuni attivisti No-Tav. Al processo d’appello per i fatti dell’estate di cinque anni fa.

Rischiano di costare cari gli scontri in Val di Susa del 2011 ad alcuni attivisti No-Tav. Al maxi processo d’appello per i fatti dell’estate di cinque anni fa al cantiere di Chiomonte, il procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo, ha chiesto per i 47 imputati condanne comprese fra un anno e 8 mesi e 4 anni e dieci mesi nonché la condanna di quegli imputati che in primo grado erano stati assolti. La somma complessiva delle condanne chieste supera addirittura i 140 anni di carcere. Gli imputati erano 53, ma 5 posizioni sono state stralciate e verranno giudicate in un processo separato. “Nessuno di loro”, ha spiegato Saluzzo, “ha preso le distanze dai gravissimi fatti del 27 giugno 2011, durante lo sgombero del presidio No-Tav alla Maddalena di Chiomonte, e del 3 luglio 2011, quando attivisti giunti da tutta Italia si lanciarono all’assalto delle recinzioni appena installate”.

DENTRO I LIMITI
“In quest’ultima occasione – ha aggiunto – c’è stata una vera e propria chiamata internazionale alle armi”. Non solo. Secondo Saluzzo, in quell’occasione l’intervento delle forze di polizia in Val di Susa “è stato legittimo e non si sono superati i limiti”. Anzi, “tra i poliziotti i feriti sono stati circa duecento, colpiti da lanci di pietre, di tronchi e di altri oggetti pericolosi”, ha ricordato il procuratore generale di Torino, che ha sostenuto la non sussistenza delle attenuanti richieste dalle difese in quanto “non ci furono atti illegittimi da parte delle autorità”. Insomma, “si è trattata di una vera e propria azione militare” da parte dei manifestanti, per questo “non ci sono differenze di posizioni tra i vari imputati” nel maxi-processo. Dalle aule giudiziarie, la questione si è poi spostata sul piano politico. “Il clima di distensione auspicato da più parti, con il passaggio del processo d’appello dall’aula bunker delle Vallette al Palazzo di Giustizia, non ha trovato corrispondenza nella richiesta delle pene da parte della Procura”, ha detto dopo la requisitoria Francesca Frediani, consigliera piemontese del Movimento 5 Stelle che in Val Susa collabora con i comitati No-Tav.

STRUMENTI VIETATI
“Nel corso della seduta pomeridiana si sono ripercorsi, ancora una volta, alcuni fatti del 2011 riportando alla memoria alcuni tristi episodi ancora impressi nella memoria collettiva di chi c’era”, ha proseguito Frediani: “Pensiamo ad esempio al massiccio utilizzo, senza precedenti, di gas CS (usato come lacrimogeno, ndr), strumenti vietati dalle convenzioni internazionali e non utilizzabili quindi in conflitti armati ma, paradossalmente, in dotazione alle forze dell’ordine italiane”. Per Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista, “le richieste di condanna pari a quasi due secoli di carcere sono una follia”. La Val di Susa “si conferma essere un laboratorio della repressione di Stato, di quella giustizia a orologeria che vorrebbe punire ogni dissenso e criminalizzare un intero movimento”.