Una nuova Bretton Woods o la crisi cinese non sarà sola. Il governo mondiale dell’economia è fallito. Senza intese sarà impossibile uno sviluppo reale

Una nuova Bretton Woods. O la crisi cinese non sarà sola. Il governo mondiale dell’economia è fallito. Senza intese sarà impossibile uno sviluppo reale

Fino a qualche anno fa, la Cina aveva puntato prevalentemente sulle esportazioni e ciò era avvenuto assieme ad una crescita dei salari perché questi ultimi erano talmente bassi da essere trascurabili ai fini dell’andamento dei saggi di profitto e, quindi, delle borse; ma qualche anno fa il comitato centrale del partito comunista cinese ha deciso di dare maggior importanza alla crescita della domanda interna, ciò ha influito sui saggi di profitto e ha spinto gli operatori a disinvestire. Di qui il casino. Quello che stiamo vedendo in questi giorni sui mercati in realtà è però il segno di una crisi di crescita per la Cina che, se non ritornerà sui suoi passi, vedrà una salita del suo Prodotto interno lordo più contenuta rispetto al passato, ma equilibrata come distribuzione. Fino ad un certo punto, infatti, la Cina ha visto tassi di crescita incredibili (attorno e oltre l’11% annuo) che l’hanno portata a superare gli stessi Stati Uniti come produzione; ma, al di là di un certo limite, l’andamento dei salari ha potuto influire sul saggio del profitto, concausando una contrazione (i tassi di crescita prevedibili, da ora, non supereranno più il 7% annuo). Questa è una cosa ottima, perché vuol dire che la Cina sta andando in una direzione giusta (quella dello sviluppo equilibrato della domanda interna), ma non è una buona notizia per gli speculatori che, invece, preferivano la Cina esportatrice con alti profitti e bassi salari.

CONFLITTO LATENTE
Il problema è che le stesse autorità sono preoccupate degli effetti sulle banche e le altre istituzioni finanziarie che si trovano e si troveranno in condizioni di scarsa liquidità perché quest’ultima – in grandi quantità – andrà verso impieghi del tutto speculativi e slegati da qualsiasi attività reale; ma la crisi finanziaria rende più probabile il conflitto tra superpotenze. Cina, Russia e India lo vogliono evitare, mentre le lobbies americane, inglesi e transnazionali (armi, servizi deviabili, filoisraeliani, ecc.) la ritengono l’unica opzione, ad un certo punto. Sarà, quindi, fondamentale se gli Usa si riapproprieranno della politica, emarginando i neoconservatori, legati alle lobbies stesse.

NUOVI EQUILIBRI
Occorrono accordi internazionali: lo stesso Kissinger, nel suo ultimo libro ha coraggiosamente preso le distanze dai neoconservatori (e da se stesso…), riconoscendo che il piano di governo mondiale non s’è realizzato e proponendo, con qualche dubbio (più suo che nostro) zone di equilibrio regionale; è fallita la sostituzione degli Stati nazionali perché è mancato il sostituto; gli Stati persistono, alcuni particolarmente risicati, come in Italia, ma questo è un altro, pur cruciale, discorso.

AGIRE PRESTO
Adesso il problema è la liquidità: se le banche centrali la smettono di inondarci di moneta che non possiamo utilizzare, salta tutto il sistema (in teoria sarebbe la fine per un nuovo inizio, in pratica si rischia il conflitto termonucleare); i mezzi finanziari del pianeta sono pari a 54 volte il Prodotto interno lordo mondiale. Solo una nuova Bretton Woods (o qualcosa del genere), ci occorre: i BRICS, gli Usa, le altre “potenze” devono sterilizzare tutti i titoli tossici ed emettere credito per lo sviluppo reale; ma questa volta la Bretton Woods va fatta prima e non dopo la guerra. Se no ci sarà comunque, la nuova Bretton Woods, ma temo dentro una caverna.