Razza in via d’estinzione. In pochi anni ci saranno 22mila medici di base in meno: e al Governo va bene così

Un milione e mezzo di persone senza il medico di base. Tra 6 anni gli italiani rischiano di finire in una situazione drammatica. Il Governo resta immobile

Un milione e mezzo di italiani senza il medico di base. Tra 6 anni gli italiani rischiano di finire in una situazione drammatica. Entro il 2022 e il 2023 almeno 22mila medici arriveranno alla fine della carriera. Si tratta della generazione che ha trovato lavoro negli anni Settanta, quando il numero di pazienti per ogni medico è sceso da 3mila a 1.500. E al momento non ci sono progetti per garantire un’adeguata sostituzione. In questo quadro critico la politica non fornisce adeguate risposte da decenni. Compreso il Governo Renzi, che non si segnala per iniziative sul settore, anche dopo l’allarme-pensionamenti lanciato dall’Ente nazionale di previdenza e assistenza medici (Enpam).

SCOSSA DAL PD
La scossa arriva dalla stessa maggioranza: la deputata del Partito democratico, Giuditta Pini, ha depositato un’interrogazione alla Camera per chiedere un chiarimento alla ministra dell’Istruzione, Stefania Giannini, in qualità di responsabile della ricerca, e alla ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, chiamata in causa per evidenti competenze sul tema. La preoccupazione è che non sia solo un problema di fondi, ma la dinamica risponde a una precisa logica: portare l’Italia verso un modello anglosassone, con la figura del medico di base che tende a sparire in favore dalla creazione di strutture intermedie, come le Case per la Salute, in cui vengono offerti “i servizi territoriali che erogano prestazioni sanitarie, compresi gli ambulatori di Medicina Generale e Specialistica ambulatoriale”, spiega il sito del Ministero della Salute. Ma c’è anche un’ulteriore direzione che si può prendere: quella dell’ospedalizzazione. In questo caso il paziente non ha più il medico di famiglia, pagato dalla Asl, e deve richiedere l’intervento di un medico all’ospedale. “Bisogna capire qual è la volontà politica, quindi conservare il ruolo sociale e sanitario del medico di famiglia”, spiega a La Notizia Pini. La parlamentare del Pd mette sul tavolo anche una disparità economica: “I neolaureati, che scelgono specializzazioni quali chirurgia o ortopedia, possono contare su una retribuzione mensile di 1700 euro, mentre borsisti che aspirano a diventare medici di famiglia raggiungono gli 800 euro”.

GRADUATORIE DORMIENTI
L’illusione di poter attingere dalle graduatorie svanisce davanti alle cifre. Uno studio condotto in Emilia-Romagna rivela: “Sono circa il 40%, secondo una media regionale, gli iscritti in graduatoria intenzionati ad accedere alla professione”. In pratica il 60% è in una fase dormiente: resta in graduatoria, ma non si attiva per intraprendere il percorso per lavorare come medico generale. Carlo Curatola, dirigente di Modena della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg), evidenzia: “La ricerca che abbiamo condotto ha trovato riscontri anche in Toscana e Calabria, confermando che è rischioso e illusorio soffermarsi solo sui numeri delle graduatorie”. “Per questo – ha concluso Curatola – stiamo cercando di trovare degli interlocutori che possano affrontare la futura emergenza di disponibilità dei medici generali”.