Vietato spostare gli ulivi, il Tap in Salento è una farsa. Realizzare le infrastrutture in Italia resta un miracolo

La vicenda del Tap, il gasdotto che attraversa mezza Europa e arriva in Italia sotto l’Adriatico passando per la Puglia è da manuale.

I calcoli più recenti indicano in oltre cento miliardi le somme stanziate dallo Stato per le opere pubbliche e bloccate per problemi di burocrazia, battaglie legali tra i vincitori delle gare d’appalto e l’opposizione di ambientalisti e associazioni varie. Opere spesso assolutamente necessarie, ma che nessuno vuole nel proprio giardino, cioè nel territorio prescelto. Casi come la Tav o il deposito nazionale dei rifiuti nucleari sono emblematici. Si tratta di opere necessarie, nel primo caso per ridurre il trasporto più inquinante di persone e merci su gomma, e il secondo per mettere in sicurezza rifiuti potenzialmente pericolosi che adesso stanno stipati in condizioni davvero pericolose in magazzini ed edifici di fortuna. Eppure quando si tratta di mettersi d’accordo per realizzare queste opere c’è sempre un intoppo. E alla fine le cose non si fanno o se si fanno arrivano anni e anni dopo. Con costi enormemente gonfiati.

Siamo inaffidabili – La vicenda del Tap, il gasdotto che attraversa mezza Europa e arriva in Italia sotto l’Adriatico passando per la Puglia è da manuale. Gli abitanti delle aree pugliesi attraversate si oppongono al necessario spostamento di un po’ di alberi di ulivo. Per far accettare l’opera, che serve a tutta l’Italia e quindi anche a loro, lo Stato e la Cassa Depositi e Prestiti hanno dato compensazioni e opportunità di crescita economica. Contro la follia integralista però non c’è niente da fare. E ancor di più contro la burocrazia e le strade infinite della giustizia, soprattutto nel caso di quella amministrativa. Ecco così che ieri il Tar ha bloccato per l’ennesima volta l’opera passata da decine di autorizzazioni, dibattiti e conferenze di servizi. Tutti passaggi che quando arrivano a un punto non è mai quello di arrivo ma quello di una nuova partenza per gli eterni fautori dell’Italia del No. Opporsi alle opere pubbliche, ma anche a tante private, se è meritorio in non pochi casi dove le scelte politiche e imprenditoriali sono folli, in tutte le altre situazioni è solo un gesto di egoismo e opportunismo anche elettorale. È chiaro che a nessuno piace avere un inceneritore sotto casa e chi cavalca i comitati prenderà tanti voti alle elezioni, ma fermare i cantieri e lasciare montagne di soldi nei cassetti dello Stato senza produrre lavoro e sviluppo in questo momento storico del Paese è davvero da irresponsabili. Così restiamo agli ultimi posti in Europa per adeguamento della rete autostradale, per metropolitane e molte altre importanti infrastrutture. Poi però non lamentiamoci se non c’è lavoro e il Paese affonda.