Se è la ‘ndrangheta di Reggio a costruire l’ufficio della Dia. Il Consiglio di Stato blocca il vincitore dell’appalto. Si tratta di una società sospettata di rapporti con le cosche

di Clemente Pistilli

Stop agli appalti milionari per l’aeroporto e per la caserma della Divisione investigativa antimafia di Reggio Calabria a una società sospettata di rapporti con la ‘ndrangheta. A decretarlo, dopo che il Tar calabrese aveva rimesso in pista la “Mucciola Piero spa”, per la quale il 30 luglio 2012 ha emesso un’interdittiva la Prefettura di Roma, è stato il Consiglio di Stato.

I sospetti
A mettere nei guai la “Mucciola Piero” sono state le indagini sulle cosche calabresi portate avanti dalla Dda di Milano. La società, con sede legale a Roma e sede operativa a Reggio Calabria, fondata nel 1958, è diventata nel corso del tempo un’azienda leader nella realizzazione di impianti tecnologici. La spa ha ottenuto l’assegnazione di importanti appalti da Aziende sanitarie, dal Comune di Venezia, dalle Poste e dalle Ferrovie. Tre anni fa, però, nell’ambito delle indagini portate avanti a Milano dai carabinieri del Ros, spuntano i primi dubbi su possibili contatti tra la “Mucciola Piero spa” e le organizzazioni mafiose. Mucciola viene visto insieme al boss Paolo Martino, ritenuto dagli inquirenti il plenipotenziario in Lombardia della cosca dei De Stefano. Nella stessa indagine, denominata “Redux Caposaldo”, viene poi intercettato Martino mentre parla con il tesoriere del Pdl, Luca Giuliante, interessandosi a un appalto a cui aveva partecipato la società romana. Un’inchiesta sfociata in un processo per traffico di droga, riciclaggio ed estorsioni che, a fine febbraio, ha visto proprio Martino condannato in primo grado a 17 anni di reclusione. Nell’ambito delle indagini sui rapporti tra il tesoriere della Lega, Francesco Belsito, e la ‘ndrangheta, gli inquirenti si concentrano poi su una società, la “Mgim Service”, che risulta curare gli interessi della “Mucciola” in un appalto da 8,4 milioni vinto dalla spa con il milanese Pio Albergo Trivulzio. Infine, il 13 luglio dello scorso anno, arriva dalla Prefettura di Reggio Calabria un’interdittiva antimafia per la “Fimm srl”, che una nota della Dia reggina specifica avere un assetto societario coincidente quasi completamente con quello della “Piero Mucciola spa”. Il 30 luglio la Prefettura di Roma emette così un’interdittiva per quest’ultima.

Gli appalti saltati
A seguito dell’interdittiva, la “Sogas spa”, la società che gestisce l’aeroporto di Reggio Calabria, revoca alla “Piero Mucciola” l’affidamento dell’appalto da undici milioni di euro per la sistemazione e l’ampliamento dello scalo. Per la stessa ragione arriva la revoca dell’appalto ottenuto dalla spa per la manutenzione degli impianti della caserma dei Carabinieri di Modena, quartiere di Reggio Calabria, e dell’immobile dove si trova il centro operativo della Dia nel capoluogo calabrese. Un colpo notevole per la società, che impugna subito quelle revoche al Tar e ottiene la sospensione di tali provvedimenti dal Tribunale amministrativo reggino. La difesa della spa, che sponsorizza anche la “As Roma” e la “Reggina Calcio”, sostiene che le ipotesi di contiguità con le mafie non reggono e che, nonostante le interdittive, la società continua ad essere dotata del Nos, il nulla osta di segretezza che le consente di operare anche in contesti particolarmente delicati. Ottenuta una prima vittoria al Tar la società non perde tempo: “L’ordinanza adottata rende finalmente giustizia dei sospetti e della grave lesione dell’immagine commerciale della società”.

Lo stop dei giudici
Il Ministero dell’Interno, però, non molla e fa appello al Consiglio di Stato. A ribaltare la decisione del Tar e a mantenere la revoca degli appalti, in attesa che la vicenda viene esaminata nel merito, interviene così ora Palazzo Spada. “Le situazioni ritenute dal Tar non sintomatiche di attuale rischio di infiltrazione della criminalità organizzata – si legge nei provvedimenti – complessivamente esaminate si presentano invece, ad avviso di questo collegio, con caratteristiche che non inducono a escludere, al di là di ragionevoli dubbi, la persistente contiguità dell’impresa appellata a un contesto socio-economico di spiccati connotati malavitosi”.