Alfano, l’Angelino custode degli amici. Consulenza al Carfagna boy. E pure dal Lavoro alla Difesa, ingrassano gli staff

Alessandro Ruben, il compagno della Carfagna, è uno che conosce i gangli del potere. Ex depuato, ex assessore della comunità ebraica, approda ora da Alfano.

Non c’è dubbio: Alessandro Ruben è uno che conosce bene i gangli e i meccanismi dei palazzi di potere. Il suo curriculum, d’altronde, parla chiaro: dopo essere cresciuto al fianco di Gianfranco Fini, è stato deputato nella scorsa legislatura con il Popolo delle Libertà, ci ha riprovato poi alle elezioni del 2013 spalleggiando per Mario Monti con Scelta Civica, senza però centrare l’obiettivo. Ma Ruben è un nome che conta anche nella comunità ebraica essendo dal 2013 consigliere speciale dell‘European Jewish Congress e, fino al 2008, membro di Giunta dell’Unione delle Comunità Ebraiche italiane, anche se probabilmente per molti altri è noto per questioni più private che politiche, essendo, Ruben, il compagno di un’altra personalità di spicco della politica italiana, l’ex ministra ai tempi del Cav, Mara Carfagna. E forse sarà proprio per questa fitta rete di conoscenze che Angelino Alfano ha pensato proprio a lui. Nel silenzio generale, infatti, da maggio di quest’anno, Ruben, dopo essere uscito dalla porta, è rientrato, come si suol dire, dalla finestra con una non meglio precisata “collaborazione nella segreteria del ministro” dell’Interno, per un compenso annuo  che si aggira intorno ai 40mila euro annui.

L’INVASIONE DEI MODERATI – Ma, d’altronde, girando per i ministeri, negli ultimi mesi spuntano tante facce nuove. O, nel senso buono del termine, riciclate. Andiamo al ministero della Giustizia. Qualche mese fa LaNotizia aveva sollevato il curioso caso di Antonio Martorella, ex calciatore preso dal sottosegretario Federica Chiavaroli come suo consulente. Dopo soltanto sei mesi, Martorella non risulta più nello staff della Chiavaroli, che ha pensato bene, da metà agosto, di assumere in qualità di collaboratrice della sua segreteria Daniela Maffuccini, assistente parlamentare dal 2009 al 2016 in area moderata, prima di emigrare al ministero proprio con l’alfaniana Chiavaroli. Ma l’invasione dei moderati non finisce qui. Passiamo agli Esteri. Da meno di trenta giorni nei corridoi della Farnesina troviamo Davide Antonio Ambroselli che, prima di approdare da Paolo Gentiloni, ha lavorato prima nell’Ufficio Legislativo di Scleta Civica, poi in quello del Pd.

BASTA UN SI? – La lista, ovviamente, è ancora piuttosto lunga. Tra le maggiori curiosità spunta un’altra collaborazione fresca fresca di approvazione presso il ministero della Difesa. Roberta Pinotti ha pensato fosse il caso di prevedere un contratto di consulenza per “fornire un supporto di tipo specialistico nell’ambito delle attività di promozione e valorizzazione del patrimonio museale militare italiano anche per lo sviluppo della conoscenza del patrimonio storico militare”. Un ruolo tutt’altro che secondario, attribuito a Mattia Marchesi, esperto di marketing ed economia aziendale. Come tali competenze possano legarsi al patrimonio museale militare resta, almeno per alcuni, un mistero. Non è un mistero, invece, che Marchesi (che in passato ha lavorato per Costa Crociere) sia di Genova. Proprio come la Pinotti. E proprio come Alberto Pandolfo, segretario particolare della ministra. E, altro caso fortuito, Marchesi è anche coordinatore del comitato “Basta un Sì”, come dice sulla sua pagina Facebook.

LAVORO AL LAVORO – Il mese d’oro al ministero del Lavoro è stato senza ombra di dubbio aprile.  Nel giro di un mese, infatti, Giuliano Poletti si è circondato di 5 persone nel suo staff. Tra gli altri, spicca il nome del professor Mario Benotti. Una consulenza non retribuita, la sua. Ma incuriosisce che, dopo essere stato nello staff del sottosegretario Sandro Gozi e consulente del sindaco di Firenze Dario Nardella, Benotti sia approdato pure da Poletti. Curiosità: la nomina è arrivata qualche mese dopo che il suo nome era stato fatto nientepopodimenoche da Francesca Chaouqui: la “papessa” aveva accusato Benotti di essere uno dei corvi vaticani. Un’accusa che, è bene precisarlo, non ha avuto seguito. Anche se i legami oltre Tevere di Benotti sono cosa arcinota.

Tw: @CarmineGazzanni