Aste dei titoli di Stato. Per il Tesoro la più brava è la disastrata Mps, banca che lo stesso ministero ha salvato con 4 miliardi e di cui è azionista

di Stefano Sansonetti

Un Tesoro di stranezze e curiosità. Dalle parti del dicastero dell’economia, guidato da Pier Carlo Padoan, circola da giorni un documento all’interno del quale è stata stilata una bella graduatoria. La domanda grosso modo è la seguente: chi ha vinto cosa? La risposta come minimo fa riflettere. Si dà infatti il caso che il ministero abbia premiato il Monte dei Paschi come migliore banca “specialista in titoli di Stato”, in pratica come istituto che più di ogni altro ha aiutato il Tesoro nella gestione del debito pubblico, organizzando aste e collocamenti vari. Il che, però, significa anche che via XX Settembre ha premiato col primo posto quella stessa disastrata banca che il ministero dell’economia ha salvato con 4 miliardi di euro e di cui ora e azionista con il 4% del capitale. Insomma, la banca sull’orlo del baratro, perché incapace di fare la banca, secondo il Tesoro è stata capacissima in tema di gestione dell’italico debito pubblico, un gigante da 2.160 miliardi di euro.

IL DOCUMENTO
Che il Monte dei Paschi sia stato il miglior specialista in titoli di Stato per il 2015, precedendo l’americana Jp Morgan e l’italiana Banca Imi, emerge da un decreto firmato lo scorso 21 gennaio 2016 da Maria Cannata, la storica responsabile della direzione del Tesoro che si occupa proprio di debito pubblico. E non si tratta della prima volta. Anche l’anno scorso la stessa classifica, in quell’occasione valida per il 2014, era stata vinta dalla banca senese. Più in generale essere nella lista degli specialisti in titoli di Stato attribuisce alle banche tutta una serie di privilegi, fissati in un decreto del novembre del 2011: accesso esclusivo alle riaperture riservate alle aste; accesso esclusivo alla selezione di banca capofila nelle emissioni sindacate in euro; accesso esclusivo alla selezione di banca intermediaria per il programma di benchmark in dollari statunitensi; accesso esclusivo alla selezione degli operatori per le operazioni di riacquisti bilaterali; la preferenza per la partecipazione alle altre emissioni in valuta e per le operazioni in derivati. Inutile dire che gli “specialisti” per tutto questo vengono lautamente pagati. E la loro ulteriore prospettiva di guadagno è incisivamente sostenuta dalla possibilità di firmare i famigerati derivati con il Tesoro. Parliamo degli strumenti finanziari con i quali il ministero cerca di coprirsi dai rischi di variazione dei tassi di interesse, ma che spesso si ritorcono contro lo Stato stesso se la “scommessa” di copertura non va a buon fine. L’anno scorso, tanto per dirne una, i derivati erano arrivati a valere 163 miliardi di euro, con una perdita potenziale per l’Italia di 42 miliardi.

IL DETTAGLIO
Tra le altre cose di recente si sono registrate novità anche nella composizione dell’elenco generale degli “specialisti” in titoli di Stato. Fino a poco tempo fa si trattava di 20 banche, di cui tre italiane e 17 estere. Nell’ultimissimo aggiornamento dell’elenco, firmato dalla Cannata il 16 dicembre del 2015, le banche sono scese a 18: fuori la svizzera Credit Suisse e la tedesca Commerzbank. Sul punto ieri il ministero ha spiegato a La Notizia che Credit Suisse “a fine novembre ha annunciato di voler abbandonare l’attività di specialista in titoli governativi in tutta Europa. Commerzbank, invece, non si è più impegnata per raggiungere il requisito minimo di sottoscrizione in asta (3% su base annua) prescritto per legge in Italia per poter essere specialista, così automaticamente auto-eliminandosi”. Credit Suisse, è appena il caso di ricordare, ha in Italia diversi rappresentanti di rilievo, come il vicepresidente Aurelio Regina, candidato alla presidenza di Confindustria, o il senior advisor per l’Italia Fabio Corsico, responsabile affari istituzionali del gruppo Caltagirone.

Twitter: @SSansonetti