Atenei ostaggio dei baroni. Così si uccide la meritocrazia. Pressioni su chi denunciò un concorso sospetto. Il caso del rettore di Tor Vergata rivela un sistema

Dovrebbe essere uno dei fiori all’occhiello del Paese ma il mondo dell'Università, da troppo tempo, fallisce i suoi obiettivi

Clientelismo, nepotismo e baronie. Dovrebbe essere uno dei fiori all’occhiello del Paese ma il mondo dell’Università, da troppo tempo, fallisce i suoi obiettivi, schiacciato da inefficienze e soprattutto da problemi mai risolti. A ricordarcelo ancora una volta, come se ce ne fosse davvero bisogno, è la Procura di Roma che ieri ha rinviato a giudizio il rettore di Tor Vergata, Giuseppe Novelli (nella foto), su cui pendeva l’accusa di tentata concussione e istigazione alla corruzione per aver provato a convincere i ricercatori Giuliano Gruner e Pierpaolo Sileri, quest’ultimo senatore del Movimento 5 Stelle, a ritirare il ricorso presentato al Tar in merito alla nomina di altri due colleghi dell’Ateneo. Pressioni a cui i due candidati rispondevano negativamente e, nonostante minacce di bloccare la loro carriera, decidevano di rivolgersi alla magistratura. È la solita storia di chi occupa un posto di vertice e cerca di sistemare persone gradite, in barba al merito e alla trasparenza, finendo per creare un danno a tutto il Paese.

Sarebbe bello poter dire che si tratta di un episodio isolato ma la cronaca è piena di casi simili e che, in alcuni casi, hanno avuto conseguenze drammatiche. Come il dramma del ricercatore 43enne Luigi Vecchione che, dopo aver partecipato ad un concorso alla Sapienza di Roma nel 2016 in cui, a suo dire, i vincitori erano già stati decisi, aveva denunciato tutto all’Anac. Ma nulla cambiò e l’ingegnere, frustrato per la mancanza di risultati, due anni dopo si creava una pistola in casa con cui togliersi la vita. Un copione, quello dei concorsi truccati per le cattedre italiane, che riguarda l’intera Italia e solo per citare un ulteriore caso, non si può non fare riferimento a quello di Firenze dove, proprio in questi giorni, si sta abbattendo un terremoto interno alla facoltà di medicina.

Eppure i problemi legati alle storture del mondo accademico non sono solo relativi a poltrone occupate quasi militarmente oppure a dinastie regali che, di padre in figlio, si tramandano il potere. C’è molto di più. Il sistema scolastico e universitario è il luogo dove si formano i cittadini di domani. Ma se questo è inquinato, non può che abituare gli studenti all’idea di illegalità, spingendoli ad abbandonare gli studi oppure ad emigrare creando anche un danno economico. Perdiamo le menti migliori, sacrificate sull’altare dei raccomandati. È qualcosa di inaccettabile su cui la politica è spesso rimasta a guardare, salvo sorprendersi e gridare allo scandalo quando nelle graduatorie sulle migliori università del mondo i nostri atenei si trovano sempre in fondo alla classifica.

Qualcosa a cui sembra che gli italiani si siano abituati, forse addirittura arresi, anche perché qualcuno fa notare che le clientele esistono sin dai tempi degli antichi romani e fanno parte del nostro Dna culturale. Ma non è così. È giunta l’ora di cambiare, di resettare tutto e di dare spazio al merito, affidandosi a soggetti super partes. Occorre una riforma strutturale del sistema scolastico italiano, come hanno già fatto sapere di voler fare gli esponenti dell’attuale maggioranza, per evitare il rischio di disperdere le future generazioni. Un danno economico, sociale e culturale che non possiamo più permetterci.